Sicurezza, un faro sul mondo dell'auto: l'ultima frontiera sono le luci a matrice digitale led

Sicurezza, un faro sul mondo dell'auto: l'ultima frontiera sono le luci a matrice digitale led
di Nicola Desiderio
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 17 Novembre 2021, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 12:23

«Solo per i tuoi occhi puoi vedermi tutta la notte». Così recita la canzone che accompagna i titoli di coda dell’omonimo film su James Bond agente 007. In un’automobile gli occhi sono i fanali e sono loro a permetterci di viaggiare trasportando con noi i nostri sogni proprio quando scende l’oscurità. Sono i fanali a farci vedere e a renderci visibili quando viaggiamo nella notte, forse anche per questo li chiamiamo fari. La loro evoluzione tecnica ed estetica nel tempo è davvero affascinante e, come per qualsiasi oggetto, la forma e la funzione si incrociano strettamente grazie al design. Per questo i primi fanali per auto alla fine dell’Ottocento non possono che essere figli del loro tempo: somigliano a quelli delle carrozze e vanno ad acetilene. L’automobilista, oltre ad avviare con la manovella la sua vettura, deve accendere con un fiammifero quelli che sono poco più che lumi alimentati da un gas infiammabile che si sviluppa facendo reagire carburo di calcio con acqua. Le lampadine a incandescenza erano già state inventate nel 1878, ma l’elettrificazione era agli albori per le case, figuriamoci per la motorizzazione. I primi fanali propriamente detti appaiono nel 1912 sulle Cadillac ed è ancora la casa americana a presentare il primo faro sigillato nel 1940 e, ancora più avanti, il sensore crepuscolare per renderne l’accensione automatica. In Europa non eravamo rimasti a guardare e nel 1925 avevamo brevettato le lampade a doppio filamento: uno per gli anabbaglianti e l’altro per gli abbaglianti. Nel 1928 la Tatra aveva anche sperimentato i fanali che si orientavano in curva, una delle tante innovazioni che avrebbe reso famosa nel 1955 la Citroën DS e che oggi sono normale amministrazione sulle nostre auto. L’altra grande innovazione dell’illuminazione arriva nel 1962 quando la Ferrari 330 TRI/LM vince la 24 Ore di Le Mans grazie al manico di Phil Hill e di Olivier Gendelebien, ai 400 cavalli del suo V12 4 litri progettato da Gioacchino Colombo e ai fari alogeni.

L’ERA DEGLI ALOGENI

Parliamo sempre di lampade a incandescenza, ma il filamento è in tungsteno e il bulbo è riempito di gas alogeno a 7-8 atmosfere – iodio, da cui anche l’appellativo di fari allo iodio – ragione per cui il vetro è al quarzo o ad alto tenore di silicio per essere più robusto. Producono, a parità di potenza, una luce doppia per intensità e temperatura ed entrano subito nelle auto di serie. In quello stesso anno compare la prima auto stradale con i fari a scomparsa, la Lotus Elan. Prima di allora erano stati visti su prototipi come la celebre Buick Y-Job del 1938, ricordata come la prima concept car della storia. L’auto che fa l’occhiolino ha il suo fascino, malauguratamente diventa fuori legge all’inizio degli anni 2000. Nel frattempo sono comparsi i proiettori polielissoidali, che fanno a meno delle parabole, e la legislazione europea permette di usare materiali plastici al posto del vetro per le lenti permettendo nuove soluzioni di design. E nel 1991 era già apparsa un’altra novità: sulla BMW Serie 7 E32 avevano infatti fatto la comparsa i fari allo xeno le cui lampade non contengono più un filamento, ma un arco elettrico all’interno di un bulbo riempito di gas xeno, seguendo un principio simile a quello delle lampade al neon. La luce diventa ancora più potente e più bianca, però serve una centralina elettronica per fornire voltaggi altissimi (almeno 15.000 Volt).

Anche stavolta il debutto avviene in concomitanza con la 24 Ore di Le Mans sulla Peugeot 905 Evo 1 Bis. La corsa francese si svolge da sempre in prossimità del solstizio d’estate per avere meno ore di oscurità e ha accompagnato altre innovazioni per battere la notte e non solo. Nel 1926 la Lorraine-Dietrich infilò a Le Sarthe una clamorosa tripletta grazie anche a un terzo fanale posizionato in basso, per permettere una migliore visibilità con pioggia e nebbia. Era nato il dispositivo antinebbia.

RISPARMIO DI ENERGIA

Altre luminose innovazioni hanno fatto il loro debutto nella Loira come i fari a led (2011) e i fari laser (2014). In entrambi i casi è l’Audi a battezzarli. I led sono diodi che hanno anche il merito di richiedere molta meno energia, dunque permettono di consumare di meno, durano 10 volte di più e le loro ridotte dimensioni permettono ai designer di spingere le loro matite dove non avevano mai osato. Compaiono sulle auto le cosiddette firme luminose, i fanali anteriori diventano più sottili e le luci di stop si accendono prima riducendo i tempi di reazione da parte di chi segue. I fari laser hanno la luce bianca come quella del sole, sono ancora più efficienti e hanno un fascio lungo fino a 650 metri sulle Audi e BMW che li montano, ma solo per limiti di legge perché l’Audi R-18 E-tron che vince a Le Mans nel 2014 è capace di fare a fette la notte meglio di Luke Skywalker, con una lama di luce lunga circa mille metri. Intanto si esplorano altre strade. Gli Oled sono l’optimum per la duttilità e il rispetto ambientale: sfruttano molecole organiche, consumano pochissimo, permettono regolazioni cromatiche e di luminosità impareggiabili e possono essere sottili come pellicole, ma per ora hanno potenze troppo basse e dunque, al momento, sono relegati alle luci posteriori, ai pannelli delle strumentazioni e all’illuminazione degli abitacoli. I fari a matrice a led invece sono presenti su molte vetture e permettono di viaggiare con gli abbaglianti sempre accesi senza abbagliare. Un controsenso solo apparente risolto da una telecamera che accende e spegne selettivamente i led all’interno dei gruppi ottici aprendo coni d’ombra quando incontriamo un’altra vettura, illuminando la corsia accanto prima di un sorpasso e lanciando flash brevi ai pedoni per avvertirli del pericolo. Tutto in modo totalmente automatico. E l’ultima frontiera dell’illuminazione automobilistica è proprio il dialogo con tutto ciò che circonda la vettura. I fari a matrice digitale led hanno proiettori formati da 1,3 milioni di microdiodi capaci di creare figure sull’asfalto per far capire ad automobilisti, pedoni e ciclisti quello che stiamo per fare. Quando le auto saranno a guida autonoma, i fanali diventeranno probabilmente pannelli che occuperanno l’intera calandra e diranno non solo le nostre intenzioni, ma anche il nostro umore, la musica che stiamo ascoltando e se lo stiamo facendo con le mani al volante o dietro la testa, lasciando che l’auto-mobile (nel vero senso della parola) faccia tutto da sé. A quel punto, le luci non serviranno più a vedere, ma solo ad essere visti. Solo per gli occhi di tutti.

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