Auto elettrica e batterie: caccia aperta al litio già usato. Apripista Renault

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di Nicola Desiderio
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Mercoledì 22 Settembre 2021, 14:07 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 14:07

Gilles Le Borgne è il vice presidente del gruppo Renault per l’Engineering e un membro del consiglio di amministrazione. Dunque, quando afferma che «saremo i primi ad avere batterie con materiali riciclati» gli si può credere. Renault infatti è tra le pioniere dell’auto elettrica nel 2012 e, dopo centinaia di migliaia di batterie prodotte e miliardi di chilometri percorsi, ha accumulato un’esperienza che sta mostrando i primi importanti frutti, alcuni persino insperati. «Noi siamo i primi che vedono ritornare indietro le nostre batterie dopo 10 anni e ci siamo resi conto che le nostre hanno una durata molto più lunga di quella che prevedevamo» ha affermato Luca de Meo. Il ceo di Renault ha ricordato come la maggior parte delle Renault elettriche sono state vendute con la batteria a noleggio. Lo scopo era ridurre il prezzo d’acquisto per il cliente scorporando la sua parte più costosa e, a sorpresa, si è rivelata uno strumento formidabile di analisi e risorse.

SOLUZIONI STAZIONARIE

De Meo afferma che Renault è in grado di riciclare almeno l’80% dei materiali delle batterie: «Lì dentro – ha detto il manager italiano – c’è molto valore. E non si parla di centinaia di euro, ma molto di più». E non è finita: «Renault è il primo operatore di riciclo in Francia: facciamo oltre un miliardo di fatturato e abbiamo creato, senza volerlo, un business che possiamo moltiplicare per 4 e per 5 per fare vera economia circolare». Il nucleo di questa strategia è la Re-Factory di Flins dove la Renault, insieme con Veolia e Solvay, farà economia circolare estraendo tutto il valore delle batterie. Il primo segmento di questa catena è il secondo utilizzo ovvero prendere le batterie la cui efficienza è scesa sotto il 70% per dedicarle, ad esempio, ad installazioni stazionarie con sistemi di produzione di energia rinnovabile. Il secondo segmento è il riciclo, attraverso processi di idrometallurgia, di tutti i preziosi elementi chimici (litio, cobalto, manganese, rame, nickel…) che costituiscono la batteria, un componente che rappresenta il 30-40% del costo dell’intero veicolo ed è il motore dell’automobile del futuro, ma anche dell’economia circolare.

BILANCIO AMBIENTALE

È vero infatti che per produrla ci vogliono tanta energia e materie prime costose, ma se davvero quest’ultime possono essere riciclate, il bilancio aziendale e quello ambientale cambiano completamente e al costruttore risulta conveniente produrre le batterie, mantenerne il possesso durante tutta la loro vita e infine scomporle di nuovo negli elementi chimici che serviranno a fare nuove batterie. Ecco perché de Meo e Le Borgne insistono su un concetto fondamentale: dobbiamo riportare all’interno dell’azienda e in Europa tutta la catena del valore che riguarda l’auto elettrica e le batterie creando un nuovo sistema industriale che non punti solo alla produzione, ma anche al recupero e all’approvvigionamento.

Non a caso, Renault è la prima azienda ad avere stretto un accordo con Vulcan Energy Resources, società che si appresta a ricavare il litio dalle salamoie geotermiche nella zona del Reno, dimezzando i costi di estrazione (da 6.500 a 3.140 dollari a tonnellata), ma soprattutto accorciando drasticamente una filiera che oggi invece si allunga fino a Bolivia, Australia e Congo dove, per ricavare un kg di litio, bisogna scavare 8-9 kg di spodumene ed emettere 15 kg di CO2 o far evaporare 2 metri cubi di acqua occupando una superficie di oltre 3mila mq.

MINIERE DEL FUTURO

Calcolando che in una batteria da 60 kWh come quella della nuova Mégane ci sono 10 kg di litio e 30 kg di cobalto e si sottraggono 238 kg di CO2 all’atmosfera, il risparmio consentito da batterie “circolari” ai bilanci e all’ambiente è presto fatto. E può migliorare ulteriormente progettando le batterie in funzione anche del loro riciclo trasformandole nelle miniere del futuro, per auto elettriche che potranno costare così sempre meno. Un futuro circolare può essere dunque di benessere, verde e soprattutto nostro.

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