Umberto Eco, che della Rete non aveva un’opinione molto indulgente, sosteneva che i computer sarebbero serviti a poco se fossero stati strumenti intelligenti in mano a persone stupide: piuttosto si sarebbero rivelati utili se fossero stati dispositivi stupidi in mano a persone intelligenti.
Sostituendo computer con Intelligenza Artificiale, il suo pensiero risulta perfettamente calzante anche oggi: far scrivere un elaborato o una parte della tesi a ChatGPT non solo espone ai rischi della banalizzazione della comunicazione e dell’inaffidabilità del testo, ma può risultare vietato, man mano che le istituzioni formative definiscono in questi mesi le proprie politiche. Non tutte lo stanno facendo con la stessa celerità: e mentre a Scienze giuridiche di Firenze ci sono i primi casi sospetti di tesi scritte con l’AI, SciencesPo a Parigi l’ha già vietata. Così vi è attesa che i principali software usati per contrastare il plagio, come Turnitin, si aggiornino per identificare i testi creati con strumenti basati sull’Intelligenza Artificiale. Del resto, OpenAI richiede, a chi usa il bot, di dichiararne l’impiego e sta sviluppando un modo efficace per contrassegnare i contenuti prodotti con ChatGPT per permettere agli strumenti di detection di contrastare gli abusi, soprattutto in ambito educativo. Il mondo della scuola e dell’università, a questo proposito, ha accolto in modo disomogeneo l’avvento dell’Intelligenza Artificiale: del resto, la rivelazione di un docente di Wharton secondo la quale il bot avrebbe superato un suo esame post-lauream è di poco seguita alla decisione, da parte di alcuni istituti newyorchesi, di vietarlo in classe. A Milano invece, presso i licei Parini e Leonardo, sono in corso sperimentazioni guidate dagli insegnanti: gli adulti infatti non sono solo necessari sul piano didattico, ma anche sul piano legale dato che OpenAI richiede la maggior età per servirsi dei suoi strumenti oltre che una certa conoscenza della materia per accorgersi della qualità dei suoi risultati.
IL PUNTO DI PARTENZA
Diversamente da una calcolatrice che, nel dare un risultato, parte dalle regole con cui è stata programmata, ChatGPT infatti parte dalle informazioni con cui è stata addestrata per correlarle statisticamente. Inadeguata dunque per realizzare una tesi di laurea, può essere però di grande aiuto per molteplici attività di supporto: reperire informazioni, tradurre testi, riassumerli rappresentano compiti senza valore aggiunto che l’Intelligenza Artificiale può contribuire a rendere più efficienti anche allo studente più meticoloso.
IL RUOLO DI AIUTO
Più che farsi sostituire da ChatGPT dunque, l’Intelligenza Artificiale è d’aiuto a chi, per studio o per lavoro, deve creare un elaborato supportandone la creatività e, di riflesso, impartendo una lezione di etica dell’informazione: non è infatti avvalendosi della tecnologia in modo improprio e, in alcuni casi, illegale che si può apprendere a usare uno strumento che è destinato, nelle sue diverse forme, a diventare un compagno di lavoro inseparabile negli anni che verranno. Al contrario, rivelare in modo trasparente quali prompt – modalità codificate con cui è possibile formulare le domande a Chat GPT – siano stati usati può essere un modo innovativo e intelligente di arricchire la bibliografia come, qualche anno fa, è stato opportuno e necessario aggiungere la sitografia. Se Internet è stata la risposta che la generazione dei Millennial ha dato alla complessità del mondo reso più piccolo dalla globalizzazione, non vi è alcun dubbio che l’Intelligenza Artificiale sarà il banco di prova per affrontare un contesto profondamente cambiato e connotato da tanti segnali di crisi. Un uso intelligente e responsabile anziché una rinuncia dettata da una lettura superficiale e ideologica può nascere proprio a partire dall’istruzione e dalla formazione così da permettere agli studenti di impadronirsi di questa tecnologia nella consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità.
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