Daniele Tomassetti, cofondatore del Blackstone studio: «Nuovo cinema digitale in full immersion. Ecco cos'è la CGI»

Daniele Tomassetti, cofondatore del Blackstone studio: «Nuovo cinema digitale in full immersion. Ecco cos'è la CGI»
di Ilaria Ravarino
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Mercoledì 15 Giugno 2022, 14:47 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 11:55

L' intelligenza artificiale, la realtà virtuale, il metaverso.

Entro il 2030, spiega Daniele Tomassetti, cofondatore dello studio di effetti visivi e animazione Blackstone Studio e direttore artistico del corso di VFX supervisor & producer del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, il mondo dell’intrattenimento sarà travolto dall’onda lunga della rivoluzione digitale.

Un cambiamento epocale destinato a cambiare radicalmente i connotati del cinema, «il media che più di tutti accoglie l’evoluzione tecnologica, mettendola al servizio del racconto per far immedesimare lo spettatore in sequenze così profonde da sembrare vere». Sopravvissuto al passaggio dal muto al sonoro e dal bianco e nero al colore, «la nuova rivoluzione è legata alla CGI (immagini generate al computer) e a tutto ciò che è collegato».

Tomassetti, quali sono le prossime frontiere del cinema?

«Credo che la realtà virtuale sia pronta per diventare “la nuova onda” del futuro filmico. I nuovi progetti sviluppati per i visori VR sono prodotti finiti, che utilizzano la registrazione completa a 360° per permetterci di guardare i film proprio come guardiamo il mondo naturale».

Perché allora la VR resta di nicchia?

«Come ogni nuovo progresso, l’adozione diffusa della realtà virtuale deve superare alcune criticità. La più importante è che non tutti gli spettatori, immersi in un ambiente virtuale, riescono a tollerarne la permanenza per la durata di un lungometraggio. Perciò, se la realtà virtuale prenderà piede, credo che lo potrà fare solo attraverso i social network, che diffondono ormai in maniera massiccia prodotti filmici – video o storie – di durata max un minuto».

Strumenti tecnologici: di quali si servirà il cinema di domani?

«L’intelligenza artificiale, usata per riprodurre ambienti e persone sempre più realistici in CGI. Sarà possibile costruire il doppio digitale di un attore e animarlo in tempo reale, conferendogli un’impressionante aderenza alla realtà grazie allo sviluppo di algoritmi che emulano i movimenti umani.

Non solo: se ne sta anche studiando l’impiego per creare algoritmi di montaggio e addirittura di scrittura creativa».

Il cinema del futuro che volto avrà?

«Entro gli anni ’30, dicono gli esperti, tutti gli ambiti dell’intrattenimento, dal cinema alla tv, dal teatro ai concerti, saranno trasformati dalle nuove tecnologie, che si tratti di AR (realtà aumentata, ndr) o VR (realtà virtuale, ndr) o deepfake (la tecnica per la sintesi dell’immagine umana basata sull’intelligenza artificiale, ndr). Sarà un cambiamento radicale nel modo di creare, raccontare e consumare storie. Per non parlare di quel che accadrà con il metaverso, il mondo virtuale immersivo».

Come sarà il cinema nel metaverso?

«A oggi le possibilità sono infinite, ma solo teoriche. Mi piace pensare che negli anni ‘30 potremo uscire dal cinema dopo aver visto il più recente film Marvel, indossare i nostri occhialini AR e aprire così un varco spazio-temporale nel mondo intorno a noi, ritrovandoci magari nel tempio del Doctor Strange. Avremo sicuramente la possibilità di inserire noi stessi – o un nostro avatar – nei film, nei concerti o nei programmi mentre si stanno svolgendo».

Quanto dovremo aspettare perché tutto ciò accada?

«Certamente anni. C’è abbastanza fiducia nel futuro per attirare investimenti dalla Silicon Valley e da Wall Street, ma ci vorrà del tempo prima che i tecnici AR e VR persuadano scrittori e registi a pensare per il metaverso».

Il lavoro sui set come sta cambiando?

«La produzione virtuale, utilizzata per la prima volta nella serie The Mandalorian, sta cambiando il modo con cui vengono realizzati film e serie, offrendo al regista la possibilità di dirigere gli attori sul set in ambienti dinamici generati dal computer in tempo reale. Gli spazi chiusi sono circondati da pareti LED, che permettono di estendere il set fisico facendolo “reagire” alla recitazione in live action. L’unico problema al momento è la lunga fase di pre-produzione. Ma l’aumento di marketplace digitali, in cui acquistare asset CG già pronti per l’uso, faciliterà di molto la faccenda. È una tecnologia destinata a crescere molto nel prossimo periodo».

E le piattaforme streaming? Come si evolveranno nella sua visione?

«La principale forza trainante resta il contenuto originale. Ma la spesa di piattaforme come Netflix, per la CGI, sta aumentando. Secondo un recente rapporto (Global Animation, VFX & Video Games Industry: Strategies, Trends & Opportunities, ndr) gli effetti visivi ormai si prendono il 20-25% del costo di produzione: la dimensione del mercato dello streaming per l’animazione e i contenuti VFX nel 2019 era di 3,5 miliardi, ma sta crescendo dell’8% all’anno. La competizione fra nuove piattaforme richiede effetti visivi di qualità sempre più alta, che si tratti di creare da zero una creatura in CGI o far esplodere un’astronave».

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