Energia green, la ricetta dell'Alto Adige: ci si riscalda con il legno riducendo la CO2

la centrale termica di dobbiaco
la centrale termica di dobbiaco
di Alessandra Camilletti
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Mercoledì 18 Maggio 2022, 11:04 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 12:10

Oltre 260mila tonnellate di riduzione di emissioni di CO2 in un solo anno dalla produzione di calore.

E quasi 48mila da quella di energia elettrica, prodotta attraverso un processo di cogenerazione da alcuni degli impianti. La rete di teleriscaldamento altoatesina corre invisibile per 1.112 chilometri, servendo oltre 20mila sottostazioni. Abitazioni private, imprese e uffici pubblici. Basta uno sguardo ai numeri della Provincia autonoma altoatesina: 1.098 GWh di calore in Alto Adige sono prodotti da fonti rinnovabili e 342 dalle fossili. Dati 2020, con una crescita costante. Sono un’ottantina le centrali di teleriscaldamento, a biomasse, gestite da cooperative di consumatori, municipalizzate e società private. Nel futuro piano Fesr (a valere fino al 2027) la Provincia autonoma di Bolzano ha previsto un progetto di ampliamento della rete di distribuzione di riscaldamento e raffrescamento. Un’azione per cui il programma prevede 20 milioni di euro. L’obiettivo è aumentare ancora gli utenti della rete. Un’operazione avviata nei primi anni Novanta, con la sostituzione di molte caldaie a olio e gas grazie al finanziamento della Provincia stessa. La filiera è corta, cortissima, e risparmia quindi anche sul trasporto. Da boschi e segherie locali alle centrali termiche. Impianti di filtraggio impediscono la fuoriuscita di polveri.

L'ESPERIENZA

«Tutta l’energia che produciamo viene da biomassa vergine e gli utenti pagano effettivamente quelo che consumano, dopo averlo consumato», spiega Hanspeter Fuchs, presidente della Federazione Energia Alto Adige, vicepresidente della Fiper (la Federazione di produttori di energia da fonti rinnovabili) e gestore dell’impianto di teleriscaldamento di Dobbiaco/San Candido. Riepiloga i passaggi, il presidente: «Il legno arriva dalle segherie, come residuo di lavorazione, o dai boschi, vuoi perché non più buono per essere impiegato dalle segherie stesse e vuoi perché resta bagnato sul terreno come accaduto prima di Natale dopo una forte nevicata. Il cippato viene bruciato nelle centrali: i fumi sono controllati e puliti, senza emissioni. L’energia prodotta viene erogata attraverso condutture interrate all’utente, che a sua volta è dotato di uno scambiatore di calore.

Abbiamo portato negli edifici la fibra ottica, così da poter regolare gli impianti dalla centrale: ogni due mesi arriva il conto per l’energia effettivamente consumata». A Dobbiaco, spiega, «vengono bruciati 150mila metri steri di cippato, un terzo arriva da contadini e proprietari di bosco e due terzi dalle segherie, ed è servito dal teleriscaldamento il 90 per cento delle utenze di Dobbiaco e San Candido. In questo periodo, siamo riusciti a ridurre il prezzo dell’8 per cento: per il consumatore il costo è di 8,5 centesimi a kWh». Un modello ripetibile in altre realtà? «Sicuramente sì – sottolinea Hanspeter Fuchs – L’importante è che ci sia un certo consumo di energia termica. In tutta Italia esistono circa 250 impianti di questo tipo. Con il teleriscaldamento si può essere indipendenti dal gas e dal gasolio. È un incentivo alla salvaguardia dell’ambiente. E non c’è oscillazione di prezzo».

L’AUSPICIO DELL’UNCEM

 Una soluzione auspicata anche dall’Uncem, l’unione che rappresenta comuni, comunità ed enti di montagna. «Il Pnrr promuove il finanziamento di sistemi di teleriscaldamento – spiega il presidente Marco Bussone – È importante spendere bene i 200 milioni di euro disponibili, per 330 chilometri di nuove reti, in realtà virtuose che alimentano gli impianti a cippato in maniera efficiente, a basso impatto e a filiera corta». In questo momento difficile per le forniture di energia più tradizionali, «i costi per chi usa reti di teleriscaldamento alimentati da impianti che usano cippato di legno sono rimasti invariati. Sì alle fonti rinnovabili prodotte grazie all’uso a cascata del legno. Tanto più che l’Italia ha 11 milioni di ettari di bosco».

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