Fuga dei colossi hi tech dalla Cina, il web si restringe sempre di più

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di Erminia Voccia
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Mercoledì 17 Novembre 2021, 10:25 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 06:52

A partire dal primo novembre Yahoo è fuori dalla Cina: i servizi forniti dalla società di Sunnyvale non sono più accessibili ai cittadini cinesi. È un atto dal valore simbolico perché l’attività di Yahoo negli anni era stata fortemente limitata dalla censura cinese. Yahoo aveva progressivamente ridotto la propria presenza in Cina, tagliando i servizi mail e di musica all’inizio degli anni Dieci, arrivando poi, nel 2015, a chiudere l’ufficio di Pechino. Le operazioni di Yahoo erano di fatto già bloccate dal 2013 a causa delle leggi e della tecnologia, conosciute come “Great Firewall”, che impediscono ad altri social media o motori di ricerca occidentali, come Google e Facebook, di poter operare in Cina, se non aggirando la censura attraverso l’adozione di VPN. Ma la sempre maggiore pressione esercitata dal governo cinese sui giganti tecnologici, non solo stranieri, deve essere stata per Yahoo la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il caso Yahoo è solo l’ultimo di una lunga serie di esodi, dopo Microsoft, a settembre anche LinkedIn ha annunciato di voler chiudere i battenti e dar vita a un portale unicamente cinese. Da metà novembre, anche Epic Games, la versione del famoso videogioco Fortnite realizzata per il mercato cinese, smetterà di funzionare. Il vuoto viene colmato dalle piattaforme tutte cinesi come Baidu, WeChat e Weibo.

LE TENSIONI

La decisione di Yahoo si inserisce in un contesto di guerra tecnologica sempre più serrata e spietata tra Pechino e Washington. Gli Stati Uniti hanno posto una serie di restrizioni all’attività dell’azienda di telecomunicazioni Huawei, vanto della nazione, e di altre imprese cinesi, accusandole di avere legami con il governo, con l’esercito, o con entrambi. Per questo, Huawei è accusata dagli Stati Uniti di costituire una minaccia alla sicurezza nazionale.

Dal punto di vista cinese, gli Usa stanno provano ad azzoppare l’ascesa della Cina quale prima potenza tecnologica, puntando ad azzerare la competizione. L’addio di Yahoo alla Cina ha coinciso con l’entrata in vigore della nuova legge sulla protezione dei dati, la Personal Information Protection Law. La legge prescrive che per il trattamento dei dati personali debba esserci il consenso esplicito da parte degli interessati, attraverso un contratto. I dati raccolti sono più protetti e possono essere utilizzati solo se esiste un interesse pubblico o il requisito di emergenza, come la tutela della salute. La legge si applica a ogni azienda che opera all’interno del mercato cinese ma risponde all’esigenza di Pechino di controllare i grandi gruppi tecnologici, contrastarne lo strapotere evitando i monopoli. È una norma che cambia il modus operanti delle cinesi Alibaba, Tencent o Didi, e che definisce un nuovo rapporto con gli utenti. Ma soprattutto, in questo modo il Partito comunista cinese (Pcc) stabilisce regole e limiti all’uso dei dati che possono costituire una minaccia alla sicurezza nazionale. Dati che, se finiti in mani sbagliate, secondo il disegno di Pechino, possono ostacolare o danneggiare lo Stato cinese. Le mani sbagliate sono quelle delle aziende nazionali del tech diventate troppo grandi, ma ancor di più quelle dei governi stranieri, di cui il Pcc si fida anche meno.

IL CONTROLLO

Non è un mistero che il nazionalismo cinese abbia limitato l’accesso ai contenuti presenti sul web accusati di non essere conformi alla narrazione dominante. Una narrazione volta a esaltare tutto ciò che è cinese, in un contesto sempre più complicato per le aziende straniere, ora forzate a lasciare un mercato dalle potenzialità enormi dove, tuttavia, le controindicazioni superano i benefici. Il tanto auspicato Internet libero e aperto non è certo tale per i cittadini cinesi. Il governo ne detiene il controllo e le autorità hanno il potere di ostacolare il flusso di informazioni in arrivo dall’estero, restringendo anche la connettività. In tutto questo, almeno 416 milioni di cinesi, stando ai numeri di dicembre 2020, non hanno neanche la possibilità di collegarsi a Internet, la maggior parte vive nelle aree rurali.

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