Auto elettrica, frontiera batterie: stivare energia pulita come arma per la decarbonizzazione

Auto elettrica, frontiera batterie: stivare energia pulita come arma per la decarbonizzazione
di Nicola Desiderio
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Mercoledì 15 Giugno 2022, 14:23 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 11:54

Il suo inventore la chiamò «l’apparato per l’energia metallica» o «organo elettrico artificiale» comparandolo all’organo elettrico naturale della torpedine.

È la pila elettrica così come è descritta nel 1800 nella “Lettera del Prof. Alessandro Volta al Consig. Marsilio Landriani” con la quale il grande scienziato comasco spiega ad un altro illustre cattedratico del suo tempo quella che è l’antenata delle moderne batterie. Volta per i suoi esperimenti utilizzò dischi in argento, zinco e rame con l’interposizione di bollettini di cartone, pelle o feltro inzuppati di acqua semplice, meglio ancora se con sali disciolti. Le batterie moderne funzionano ancora così e, per quanto la loro forma e struttura si sia sviluppata – ma non così tanto quanto si pensi… – su quei metalli e su quei sali si gioca la loro evoluzione che, nata dal movimento, spinge verso la mobilità. Fu infatti Volta stesso ad osservare il passaggio dell’energia elettrica attraverso la contrazione dei muscoli di una rana mentre oggi le moderne batterie al litio permettono ad ogni oggetto di essere portatile e ai mezzi di locomozione di muoversi collaborando con il motore a pistoni o facendone completamente a meno. Le batterie dunque, oltre a permetterci tante libertà, sono strumenti essenziali per la cosiddetta decarbonizzazione e sono esse il vero motore delle automobili del futuro. L’energia e la potenza elettriche che esse riescono a sprigionare è infinitamente superiore a quella della pila di Volta: dalla gamba di un piccolo animale si è passati ad oggetti che pesano tonnellate, eppure percorrono centinaia di chilometri, accelerano in modo terrificante e possono superare abbondantemente i 300 km/h, come la Tesla Model S Plaid la cui batteria ha centinaia celle di forma cilindrica, proprio come la prima pila. Il costruttore californiano è stato l’antesignano della mobilità elettrica e continua a credere in questo tipo di cella: è partita dalla 18650, è passata successivamente alla 2170 ed ora si appresta ad adottare la 4680, dove le prime due cifre indicano in millimetri il diametro della base e le seconde l’altezza.

PRISMATICHE O A SACCHETTO

Gli altri costruttori prediligono invece le celle a sacchetto (pouch) oppure le prismatiche. Le prime assomigliano a grandi bustine del the, le seconde sono piccole scatole a forma di parallelepipedo in materiale ceramico. In entrambi i casi sono riempite dell’elettrolita liquida all’interno del quale nuotano gli ioni di litio che, con il loro movimento, sviluppano energia elettrica. La chimica di questo liquido, oltre che dell’anodo e del catodo, sono la chiave fondamentale di una formula magica che sembra sempre più vicina. Nickel, Manganese, Zinco, Cobalto, Ferro e altri ancora sono i materiali le cui diverse combinazioni sono oggetto dell’instancabile attività di scienziati e ricercatori per dare alle batterie più potenza e più capacità a parità di peso e volume, più durata, più velocità di ricarica e più stabilità a tutte le temperature. Allo studio ci sono anche il grafene, che permette di ricavare nanostrutture molto complesse, e il silicio che è abbondante e permetterebbe di ridurre invece l’impiego di materiali molto costosi migliorando, al contempo, la riciclabilità e le emissioni per l’intero ciclo di vita. A questo proposito, diversi costruttori hanno iniziato ad approvvigionarsi di celle a impronta zero di CO2 e progettate appositamente per ridurre sia l’energia necessaria a riciclarle sia i materiali più costosi, Litio e Cobalto prima di tutti. L’obiettivo è creare un’economia circolare e abbattere i costi infrangendo la barriera dei 100 dollari per kWh. Per riuscire in tutti questi aspetti, strettamente correlati tra di loro, si sta facendo ampio ricorso all’intelligenza artificiale, capace di monitorare un numero enorme di parametri svelando anche la loro interconnessione.

8 VOLTE IN 12 ANNI

Progressi si registrano anche nella struttura al fine di aumentare la densità di potenza ed energia. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli USA, dal 2008 al 2020 si è passati da 55 Wh/litro e 450 Wh/litro, vale a dire 8 volte tanto in una dozzina di anni. E c’è già chi parla di avere superato i 500 Wh/litro mentre allo studio ci sono batterie con densità di potenza che sfiorano i 1.200 Wh/litro. L’ultima novità è la struttura “cell-to-pack”, ovvero senza i moduli che riuniscono le celle a gruppi all’interno della batteria, e allo studio sono le cosiddette batterie strutturali, ovvero quelle che, senza intelaiature esterne aggiuntive, possono integrarsi nella scocca della vettura collaborando alla loro resistenza.

Qualcuno sta anche studiando parti costruite in uno speciale carbonio capace di immagazzinare energia così che la struttura stessa – o parti di essa – è la batteria.

Per ridurre peso e ingombri, un’altra soluzione emergente è il controllo wireless di ogni cella, in questo modo lo stato di ogni cella viene controllato da un’unica centralina esterna attraverso segnali radio e si fanno fuori fino al 90% dei cablaggi. Ma c’è anche un altro problema da risolvere: il controllo della temperatura per mantenere intatte le proprietà elettrochimiche delle batterie, sia nelle condizioni più gravose sia quando si applicano grandi potenze di ricarica. A tal proposito, ogni batteria ha più circuiti a liquido o a pompa di calore, ma è pronta una soluzione ancora più avanzata: immergere le celle in un liquido dielettrico, cioè privo di conducibilità elettrica, in grado di lambire direttamente le celle e assicurare lo scambio del calore in modo ideale. Sono così le batterie delle monoposto di Formula E realizzate da McLaren che ha applicato questa tecnologia anche alla sua hypercar ibrida P1. Ma la novità più attesa sono le batterie allo stato solido, ovvero quelle prive di elettrolita liquido, destinate perlomeno a raddoppiare la capacità di quelle attuali. Ci stanno lavorando praticamente tutti i costruttori promettendo di essere più compatte, sicure e resistenti. Ma quella che si sta profilando è la fine della corsa alla maggiore capacità delle batterie come unica strada per aumentare l’autonomia. Grazie alla maggiore efficienza dei motori e dell’inverter e la disponibilità sempre più ampia delle alte potenze di ricarica, la strada è cercare la giusta dimensione della batteria in rapporto alle caratteristiche del veicolo e sviluppare software sempre più sofisticati che regolano, in modo ottimale, i flussi di energia all’interno del sistema di propulsione riducendo i consumi e migliorando le prestazioni.

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