L'auto sulla via di Dakar: alimentazione o trazione? Le scelte ibride

L’Audi RS Q e-tron che ha esordito nella Dakar 2022
L’Audi RS Q e-tron che ha esordito nella Dakar 2022
di Giorgio Ursicino
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Mercoledì 18 Maggio 2022, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 08:45

Siamo in una fase di cambiamento.

Caratterizzata dalla transizione energetica. In questo frangente possono andare per la maggiore soluzioni “ibride” che, magari, quando il percorso verrà completato, finiranno in un cassetto. Una di queste è la motorizzazione ibrida nella mobilità. Ci sono due auto in una. Impossibile restare fedeli al propulsore termico perché il pianeta reclama le proprie esigenze. Ma altrettanto difficile passare “tout court” all’elettrico per problemi di disponibilità, costi e, soprattutto, carenza di una rete per rifornirsi. Ecco la scelta ibrida che fa convivere le due anime non raggiungendo però l’obiettivo finale: viaggiare a inquinamento totalmente zero, target che si può ottenere solo con l’elettrico se spinto da energia pulita prodotta da fonti rinnovabili: sole, acqua o vento. Assodato che le vetture ibride, in qualche modo, hanno emissioni che possono essere nocive (sia di veleni che di CO2 che è presente in natura, ma è un “climalterante”), c’è da distinguere fra le tante forme di ibridizzazione: mild, full, plug-in, soluzioni con costi e risultati molto diversi. C’è però una differenza che fa da minimo comune denominatore. Una diversità che può non incidere sull’inquinamento atmosferico, ma ha rilievo sulla modalità di utilizzo. Bisogna ricordare, infatti, che l’auto elettrica fa la differenza dal punto di vista ecologico (zero emissioni allo scarico e acustiche), ma offre tanti vantaggi anche da altri punti di vista costretti a passare in secondo piano. Il motore a elettroni consente di muoversi in modo molto più avanzato rispetto al vecchio, scoppiettante, termico. Ha una modularità estremamente maggiore e, soprattutto, rende disponibile la coppia massima (la forza che esprime) in tempo reale, cioè indipendentemente dal regime di rotazione a cui resta legato il motore a scoppio. Ci sono tipi di ibrido che non hanno nessun collegamento fra il propulsore a benzina e la trasmissione poiché quest’ultimo ha la sola funzione di produrre energia per l’elettrico che si occupa di accompagnare l’auto.

Ecco, tralasciando l’aspetto emissioni (che è da valutare caso per caso quanto sia migliore o no), dall’angolazione della guidabilità la vettura è un’elettrica al 100%. Potrebbe sembrare poco, ma non lo è affatto. In particolare per chi si è abituato alla vettura elettrica che è qualcosa di più sofisticato e molto più fruibile.

IL TIMBRO DEL DESERTO

Il full hybrid l’ha inventato Toyota che mantiene un grande vantaggio, in particolare dal punto di vista delle vendite. Alcuni costruttori orientali, però, propongono alternative che per trazione sono totalmente elettriche o quasi. L’approccio ha già dimostrato la sua validità nel motorsport andando a vincere nella categoria più massacrante che ci sia: i raid, la “classe” della Dakar. L’innovazione non poteva che provenire da Audi, da sempre all’avanguardia nella tecnica. Un cuore termico si occupa di produrre energia per i due elettrici che fanno volare l’astronave capace di affrontare le dune con un’agilità sorprendente. Più o meno lo stesso concetto è utilizzato da Nissan e Honda nel loro ibrido “di produzione”. Quello della casa di Yokohama si chiama e-Power e funziona come quello di Ingolstadt da corsa: il termico produce energia, l’elettrico ha l’onere di spingere l’auto. Ancora una scelta leggermente diversa per la casa di Sōichirō, sempre per minimizzare le emissioni ed esaltare la guidabilità: a basse e medie velocità spinge solo l’elettrico attraverso un sistema di frizioni che stacca il termico dalla trasmissione per produrre solo energia elettrica. Quando la velocità sale, fuori città o in autostrada, il motore a scoppio è coinvolto direttamente anche nella trazione. In quel caso, però, la ruvidità del propulsore a scoppio influisce pochissimo sulla fluidità.

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