Nutella: nocciole, ingegno e casualità. Ecco come è nato il mito

Ad Alba l'intuizione di Pietro Ferrero

Nutella: nocciole, ingegno e casualità. Ecco come è nato il mito
di Francesco G.Gioffredi
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Mercoledì 17 Maggio 2023, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 08:14

Per necessità e austerity, che affinano l’ingegno. E un po’ pure per caso, ma nelle storie luminose ci vuole anche quello.

La crema spalmabile più celebre e venduta al mondo è nata così, senza immaginare che avrebbe addolcito il palato e accarezzato l’anima di intere generazioni. Comfort food per eccellenza, voce del verbo “consolarsi” e “coccolarsi”. Tutto raccolto in un vasetto iconico, vetro trasparente oppure istoriato con fiori e personaggi di fumetti, sempiterno monumento al riutilizzo intelligente, che sa resistere al contenuto, agli anni e al turnover nella credenza della mamma. E poi il nome, familiare come un abbraccio, caldo come un sorriso: Nutella. Anche quello, con l’inconfondibile lettering. La crema della Ferrero – 365mila tonnellate all’anno: nessuno così – è un’eccellenza che racchiude molto del genio italiano e dell’elettrizzante boom economico degli anni ‘60. La ricetta, inimitabile. Come se fosse un incantesimo: zucchero, nocciole, cacao, latte scremato, il bistrattato olio di palma, lecitina e vanillina. Occhio alle dosi, perché il nocciolo dell’intuizione e dell’avventura sta proprio nei dosaggi. Durante la Seconda guerra mondiale Pietro Ferrero aveva una pasticceria ad Alba, nota per la produzione di sopraffine nocciole. Il cacao era una preziosa rarità, ma perché perdersi d’animo? Pensò di sostituirlo con altro: una pasta dolce di nocciole, zucchero e del poco cacao disponibile, confezionata in blocchi da taglio. Era il 1946 e nacque il Giandujot. Nel 1951 la grande svolta: la pasta finì nel vasetto come SuperCrema. È qui che s’innestano narrazione e leggenda: si racconta che i panetti di Giandujot si sciogliessero troppo rapidamente, facendo diventare la pasta qualcosa di diverso, che non sfuggì a Ferrero. Il 1964 segna il mito: la ricetta venne perfezionata, e soprattutto il prodotto cambiò carta d’identità. Una legge dell’epoca vietava l’utilizzo di superlativi e accrescitivi per i prodotti alimentari. Mai restrizione arrivò più benedetta: fu registrato il marchio Nutella, la radice è “nut” che in inglese sta per “nocciola”. La forza è proprio nell’eterno ritorno dell’uguale: non cambia mai, al gusto, alla vista e nel rassicurante packaging. E, come tutti i pezzi di memoria collettiva, è finita in film e canzoni: dal surreale maxi-vaso notturno di Nanni Moretti alla categorizzazione di Giorgio Gaber, «se la cioccolata svizzera è di destra, la Nutella è ancora di sinistra».

Il poeta non ce ne avrebbe voluto, ma la crema nata un po’ per caso è davvero di tutti.

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