«Quando ho appreso della malattia ho pensato subito che volevo essere al centro di tutti gli studi per venirne a capo - le sue parole-. La prima diagnosi è arrivata quando ero a Girona. Il dott. Rojas mi ha incoraggiato a proseguire, poi ho dato la priorità alla mia salute. Ero limitato fisicamente, il mio piede destro ha perso forza, ho dovuto cambiare il mio modo di camminare e limitato il raggio d'azione. Oggi ho altre sfide da affrontare ed è per questo che sono qui». Unzue cominciò difendendo i pali dell'Osasuna, poi è stato riserva di Zubizarreta nel Barcellona, prima di passare al Siviglia e diventarne uomo-simbolo. Chiuse la carriera fra Tenerife, Oviedo e ancora l'Osasuna di Pamplona.
Come tecnico ha iniziato nel Barcellona, allenando i portieri, durante le gestioni Rijkaard e Guardiola.
Nel 2010 è diventato primo allenatore del Numancia, quindi è passato al Celta con Luis Enrique, infine a Girona. «Non mi lamento di quello che mi succede - ha proseguito - ho la sensazione di aver fatto tutto ciò che desideravo. Penso di essere stato un privilegiato, perché nella mia vita ho fatto quello che mi piaceva. Ho grande forza e grande fiducia nelle mie possibilità. L'essere umano è messo davanti a grandi prove che devono essere superate. Io voglio davvero continuare a vivere, nonostante le difficoltà, perché vale pena vivere, anche quando pensi che tutto crolli attorno. Colgo l'occasione per inviare un messaggio d'incoraggiamento alle persone che hanno perso un membro della famiglia durante pandemia. Quelli come noi che sono più deboli devono sentirsi supportati da quelli più forti».