Che sfide con Paolo Rossi al del Duca: «In campo una battaglia, ma fuori un gran signore»

Che sfide con Paolo Rossi al del Duca: «In campo una battaglia, ma fuori un gran signore»
Che sfide con Paolo Rossi al del Duca: «In campo una battaglia, ma fuori un gran signore»
di Matteo De Angelis e Daniele Tittarelli
3 Minuti di Lettura
Venerdì 11 Dicembre 2020, 08:43

ASCOLI - «Se n’è andato uno di noi, uno dei protagonisti dell’epoca d’oro del calcio italiano». Torna lontano la mente di Enrico Nicolini, a quelle battaglie con indosso le maglie bianconere di Ascoli e Juventus.

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La scomparsa di Paolo Rossi ha colpito tutti, soprattutto chi ha avuto la fortuna di incontrarlo sui campi da gioco: «Sul rettangolo verde eravamo avversari, in quei 90’ c’era grande cattiveria agonistica. Al triplice fischio della gara però, ecco un bellissimo rapporto con una persona onesta e di grande spessore umano» ricorda l’ex centrocampista.

«Paolo era un avversario leale: un campione dentro e fuori dal campo. Un giocatore fortissimo, la sua dipartita è un lutto per tutto il mondo del calcio: io saluto un grande amico, è dura pensare che non sia più tra noi».

Rossi segnò cinque gol al Picchio con la maglia della Juve, ma nessuno al Del Duca: «La Vecchia Signora disputò quattro partite contro di noi ad Ascoli in quegli anni, due nostre vittorie e due pareggi. La Vecchia Signora non vinse mai davanti al nostro pubblico e Rossi non riuscì mai a segnare: io invece a loro ne feci due» ricorda Nicolini. «In quella squadra c’erano campioni come Zoff, Scirea, Gentile, Tardelli e Platini. Ma al Del Duca il clima era caldissimo, spinti da un pubblico straordinario riuscimmo nell’impresa. Una grande soddisfazione non aver mai perso contro la Juve nel nostro stadio, un grande piacere aver affrontato uno dei più forti attaccanti italiani di tutti i tempi. Pablito era rapidissimo, quando tu pensavi di partire lui era già davanti». 

I valori umani

«Da avversario sfidai diverse volte Paolo Rossi apprezzandolo per le doti tecniche. Nella mia mente rimarranno impressi soprattutto i suoi valori umani che ho avuto modo di scoprire quando andai al Vicenza». Ricorda così il campione scomparso Fabio Brini, ex portiere e ora allenatore, che affrontò per la prima volta il 28 novembre 1982 Pablito, fresco di trionfo al Mondiale con la Nazionale, indossando la maglia numero uno dell’Ascoli. «Al Del Duca ribaltammo il pronostico centrando un 2-0 che rimarrà nella storia grazie a due gol di Novellino. Al ritorno si vendicò con una doppietta e altre reti mi rifilò nelle stagioni successive, quando approdai all’Udinese. Il duello tra lui e Zico accendeva sempre l’interesse di quelle partite». In area di rigore Rossi aveva la dote innata di saper tramutare in oro il lavoro dei compagni: se gli veniva concessa la minima opportunità non perdonava. «Forse quello che più si avvicina a lui oggi è Immobile. Rossi è diventato l’emblema dell’Italia esplodendo nel Mondiale di Spagna ma nella vita di tutti i giorni si distingueva inoltre per il suo fare educato e gentile. Mi ritengo fortunato ad aver vissuto da protagonista le emozioni di un periodo fantastico - conclude Brini - in cui i giocatori si identificavano nelle maglie che vestivano e rappresentavano intere generazioni. Dopo Maradona, se ne è andato Rossi: due anime diverse, ma accomunate da carriere straordinarie e dal segno indelebile lasciato nel mondo dello sport».

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