Moggi, documenti falsi per tre milioni
e 63 fatture che lo mettono in difficoltà

Alessandro Moggi
Alessandro Moggi
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Mercoledì 27 Gennaio 2016, 20:34 - Ultimo aggiornamento: 20:42

NAPOLI - Lui dice di aver sempre rispettato i suoi obblighi da contribuente e di non aver mai eluso le norme del fisco: ma 63 fatture agli atti dell'inchiesta della procura di Napoli sull'ennesimo scandalo del calcio italiano sembrano smentire Alessandro Moggi. I magistrati dedicano decine di pagine al figlio di big Luciano, al suo ruolo centrale nella compravendita dei giocatori, almeno una ventina quelli citati, alla 'retè che ha saputo costruirsi nel mondo del calcio. Soprattutto alle fatture - false secondo gli inquirenti - emesse per consentire alle società l'evasione dell'Iva e ai calciatori per evadere l'imposta sui redditi.

Nei prossimi giorni è prevedibile che i pm presentino la richiesta di rinvio a giudizio, per lui e per gli altri indagati, ma prima bisognerà attendere le mosse dei legali, parte dei quali potrebbero proporre istanze al Tribunale del Riesame per la revoca del sequestro delle somme (12 milioni) bloccate ieri, nonchè depositare memorie e consulenze per confutare la tesi della procura. Le 63 fatture emesse da Moggi e citate nel decreto di sequestro, senza contare quelle cadute in prescrizione, ammontano a 3 milioni e 53 mila euro: l'ultima è la 14/2013 del 2 agosto, per un imponibile di 20 mila euro e riguarda la cessione di Legrottaglie dal Milan al Catania.

In un arco di tempo che va dal 2010 al 2013, dicono i pm, lo schema seguito da Moggi jr è sempre lo stesso: emette fatture per «operazioni soggettivamente inesistenti» in quanto il destinatario reale della prestazione professionale è il giocatore e non le società, alle quali invece vengono fatturati gli addebiti. C'è, inoltre, la fattura di 2 milioni e 550 mila euro per il passaggio di Lavezzi dal Napoli al Psg: falsa anche questa, sempre secondo i giudici, poichè l'intermediazione c'è sì stata, ma l'ha fatta Alejandro Mazzoni, procuratore del Pocho, e non Moggi. Che però nella dichiarazione ai fini Iva indicava «elementi attivi» per un'ammontare inferiore rispetto a quelli effettivamente percepiti.

Con Moggi lavorano tutti. Nelle carte ci sono 21 squadre che in qualche modo avrebbero beneficiato dei suoi servizi: Atalanta, Bari, Brescia, Catania, Cesena, Palermo, Pescara, Fiorentina, Genoa, Grosseto, Lazio, Lecce, Livorno, Milan, Napoli, Parma, Reggina, Sampdoria, Siena, Ternana, Vicenza. La Fiorentina, ad esempio, con le fatture di Moggi avrebbe detratto Iva per quasi 100 mila euro; il Milan per oltre 230 mila, il Genoa per oltre 80 mila; la Juve per 40 mila e la Lazio per 28 mila. Quanto l'intreccio calciatori-società-procuratori sia inestricabile lo spiega bene il passaggio di Foggia dalla Lazio alla Samp: Moggi jr, dicono gli inquirenti, è allo stesso tempo il procuratore del calciatore, ha un accordo con la Lazio e un altro, «fittiziamente sottoscritto» con la Sampdoria. Così l'8 settembre 2011 emette una fattura alla Lazio per 80 mila euro e 4 giorni una da 25 mila alla Sampdoria, seguita da altre 2 nel 2012 per un totale di 75 mila euro.

Uscito con una condanna a 5 mesi in appello per violenza privata dalla vicenda della Gea, la società di famiglia che ha curato le pratiche sportive di numerosi calciatori a partire dal 2000, dal 2013 Moggi jr è presidente della Gea World, «intelligence in sports» è il motto che campeggia sul sito.

Sedi a Roma, Londra e Dubai, la Gea World, disse lo stesso Moggi, è «un'azienda al servizio dello sport» con progetti che vanno dall'organizzazione eventi al marketing, da progetti di business etico fino all'assistenza dei giocatori dopo il ritiro. E proprio parlando di quest'ultimo aspetto, a chi gli chiedeva della vecchia Gea, rispose così: «la Gea è stata criticata a più riprese per quello accaduto in passato. Ma la Gea è un semplice attore di un sistema che c'era prima e c'è adesso, con pregi e difetti».

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