Il Ct Mancini: «Ho girato il mondo ma le Marche sono uniche: meritano di essere più conosciute. Consiglio ai calciatori? Volontà più importante dell'abilità»

Il desiderio: «Sarebbe bello ritrovare Ascoli e Ancona in Serie A»

Il Ct Mancini «Ho girato il mondo ma le Marche sono uniche: meritano di essere più conosciute. Consiglio ai calciatori? Volontà più importante dell'abilità»
Il Ct Mancini «Ho girato il mondo ma le Marche sono uniche: meritano di essere più conosciute. Consiglio ai calciatori? Volontà più importante dell'abilità»
di Gianluca Fenucci
4 Minuti di Lettura
Venerdì 3 Febbraio 2023, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 16:06

Roberto Mancini, grande marchigiano e ct della nazionale di calcio campione d’Europa. Innanzitutto: una settimana fa lei e altri campioni dello sport della nostra Regione - di cui lei è testimonial - avete illuminato l’evento nel Salone d’onore del Coni dedicato proprio alle stelle dello sport marchigiano.

Sensazioni?
«Sono stato felice di condividere la serata con tanti campioni, da Tamberi alla Di Francisca, a Marini e Cerioni. Le Marche sono una regione di straordinaria importanza. Ho ascoltato tante belle storie di vita e di sport, mi ha emozionato soprattutto quella di Claudia e Alberto Rossi, padre e figlia impegnati insieme nel vincere medaglie e titoli mondiali nella vela e poi quelle di atleti meno conosciuti ma bravissimi.

Tutti hanno storie significative alle spalle, legate da un comune denominatore: si sono sacrificati per arrivare ad avere qualche successo. Vincere medaglie e trofei».

 
Erano presenti anche molti jesini, Stefano Cerioni, Elisa Di Francisca, Luca Marchegiani. Non è stato un tuffo al cuore per lei riabbracciarli?
«Mi sono emozionato, perché questa è la dimostrazione della vitalità sportiva della mia città. Che, come ricordava Giovanni Malagò, con Livorno e Trieste si contende il primato nazionale di città con il più alto numero di medagliati e di campioni in rapporto al numero della popolazione e delle società sportive».

Che legame ha ancora con le Marche?
«Ci sono nato, ci vivono i miei genitori: ovvio che sia un legame indissolubile, fortissimo, insostituibile. Ho tanti impegni ma appena posso vengo e non solo per stare a Jesi. Mi piace visitare i luoghi della mia regione. Ci sono nato, ci sono cresciuto: le Marche hanno paesaggi incantevoli, il mare, le colline, i monti, i borghi. Ho girato il mondo, ho giocato e allenato in Inghilterra, in Turchia, a San Pietroburgo ma la mia regione è particolare e merita di essere maggiormente conosciuta e apprezzata sia in Italia che a livello internazionale».

Tra gli impegni e gli allenamenti con la Nazionale ed i viaggi ad osservare partite, le resta tempo per seguire le squadre marchigiane?
«Le seguo assiduamente e attentamente. Faccio il tifo per tutti e seguo con molto interesse l’Ancona e l’Ascoli ma anche la Sambenedettese, che ha un passato glorioso che spero torni a rivivere. L’Ancona mi sembra sulla strada giusta, con una proprietà ambiziosa, preparata e seria ed un organico forte per la Lega Pro. Ora, con Melchiorri, che è un attaccante super per la categoria, si è rinforzata notevolmente e può puntare molto in alto per la gioia dei tifosi che sono sempre attenti e calorosi e che meriterebbero di giocare campionati di ben altro livello e qualità. Credo che la Serie B e anche la Serie A per Ancona sia un traguardo auspicabile e da provare a raggiungere in tempi non lunghissimi. L’Ascoli in B si fa sempre rispettare e lo scorso anno è arrivato addirittura a disputare i playoff per andare in A. Insomma: spero davvero che tra qualche tempo sia Ancona che Ascoli possano tornare nella massima serie. Sarebbe un bel traguardo per le Marche, una regione dove lo sport è amato e praticato a ogni livello».

E la sua scuola di calcio a Jesi? Riesce a seguirla?
«Appena posso partecipo volentieri alle iniziative più significative che vengono intraprese dalla Junior Jesina. Anche se il tempo è tiranno».

Che consigli si sente di dare il ct della Nazionale ai ragazzi che giocano a calcio?
«È cambiato il mondo dai tempi in cui ero adolescente io e sognavo di diventare una stella. Ora i giovani hanno molte distrazioni. Però voglio ribadire una concetto: chi fa sport ha una marcia in più, perché lo sport aiuta a socializzare, a stare lontano da cose brutte e pericolose che oggi sono molte di più rispetto a quando eravamo adolescenti noi. Mohammed Alì diceva che per vincere ci vogliono abilità e volontà. Giusto: ma la volontà è più importante perché se non perseveri, non ti sacrifichi e non ti impegni le qualità da sole non bastano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA