C’è un’Italia che fa emozionare, arriva alla seconda finale della storia, nel volley femminile, vince 17-15 al tiebreak, davvero con il cuore in gola, dopo avere sprecato 2 matchpoint già nel quarto set. Magari di poco ma è stata sempre superiore alla Cina e domani alle 12,40 affronterà la Serbia, in finale. All’alba, le slave hanno superato l’Olanda per 3-1, perdendo solo il secondo set 26-28. Le azzurre ritrovano l’unica squadra che le ha battute, nella seconda gara di final six, 1-3 ma Sylla era a riposare.< A Yokohama, dal 16-12 l’Italia allunga con un gioco molto veloce, entra anche Carlotta Cambi e sul muro di Danesi e l’ace di Lucia Bosetti il set è dominato, imprevedibilmente, per 25-18, con bella varietà di schemi, come nella gara del girone di due settimane fa, con superiorità in attacco, al servizio e negli errori procurati. Le asiatiche soffrono a muro e in difesa, le rigiocate sono perfette.
Chirichella è scatenata, Egonu sbaglia però una parallela facendo avanzare le giallorosse, sul 5-7, subito rintuzzate a muro da Danesi. Migliora il servizio a mandorla, della mancina Li, riprende puntualità l’opposto di Cittadella. Le asiatiche vanno in confusione, su un tocco di Sylla, salvo crescere nell’opposizione a rete. Sul 10-13 serve il timeout di Davide Mazzanti, perchè tornano i sorrisi fra le cinesi. Egonu non ha continuità al servizio, la ritrova in pipe, poi il muro di Lucia Bosetti. Le azioni si allungano, la cannoniera sbaglia un pallone, non il secondo, supportata dalla difesa di Beatrice Parrocchiale.
Da ragazzo, il ct andava in motorino da Marotta (Pesaro), dove stamane hanno allestito un maxischermo, a Jesi, per studiare gli allenamenti di Jenny Lang Ping, la miglior allenatrice al femminile, appassionata di pesca e musica classica: sarà lui a vincere la sfida dei nervi, nonostante l’inesperienza di squadra. Egonu sbraccia altissima, sul 15-18 le chances di rimonta sulle campionesse olimpiche sono basse. Myriam Sylla tiene aperto il set, un videochallenge annulla il -3 ma il punto non è concesso all’Italia, è comunque la schiacciatrice ivoriana a ottenere il 19-20. Gong a muro la ferma, eppure restiamo lì, con Egonu. Le scelte di Malinov sono perfette, tuttavia la parità non arriva, anzi due aces in sequenza di Hu portano al 21-25. Nell’uno pari, la differenza è a muro e negli errori procurati.
L’inerzia resta asiatica anche nel terzo set, Chirichella si sposta per chiudere un buon pallone e poi azzecca una battuta grazie a un fallo di posizione. Incide anche Lucia Bosetti, della famiglia di 3 sorelle pallavoliste, figlie d’arte, di allenatori finiti in Turchia. Con Egonu e Danesi arriva il 9-8, le difese di Bosetti portano al +3, di Sylla. Un altro fallo di posizione vale il 14-9, imprevisto. Matita agli occhi e finale di capelli blu, Myriam mantiene i 5 punti di margine. Diventano 6, con lo stacco di Egonu. Che chiude con due aces in sequenza, sul 25-16, sempre da altezze siderali.
Nel set di spareggio il vantaggio psicologico è per Yuan e compagne, Sylla però azzecca due punti e Bosetti mette il 5 pari. Danesi conferma la crescita degli ultimi anni con il muro del sorpasso, è la super centrale del mondiale e autografa il sorpasso. L’ingresso di Cambi in regia contribuisce all’8-7 al cambio campo. Egonu sbaglia completamente una palla, il vantaggio diventa asiatico. Lo scambio infinito è di Danesi, vale il 10-9. Zhu è forse la più pagata al mondo, intercetta la parallela di Egonu, sul 10-11 qualche certezza si sbriciola. La difesa di Cambi vale il controsorpasso, confermato dal muro di Chirichella. Il 5° ace di Paola Egonu ai 92 orari significa 14-12 e la candidatura a mvp del mondiale. Esce però la sua pipe centrale, evapora il secondo matchpoint. Anche il terzo, ma era troppo difficile. Al quarto la mette giù. Sedici anni dopo l’Italia è in finale e anche all’epoca ci arrivò battendo la Cina. Danesi piange, è il secondo tiebreak tiratissimo con un'asiatica, anche il Giappone era stato indomito. Basta l’ultimo sforzo perchè questo baby gruppo diventi leggenda. E poi l'assalto alla prima medaglia olimpica, mai avvicinata
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