Italia Campione del Mondo in Spagna 40 anni dopo: i nostri racconti

Italia Campione del Mondo in Spagna 40 anni dopo: i nostri racconti
Italia Campione del Mondo in Spagna 40 anni dopo: i nostri racconti
di Lorenzo Sconocchini
5 Minuti di Lettura
Giovedì 7 Luglio 2022, 09:06 - Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 12:58

Italia Campione del Mondo 40 anni dopo. L'11 luglio 1982 gli azzurri di Bearzot battevano 3-1 la Germania al Bernabeu di Madrid e, dopo una incredibile scalata in terra di Spagna, estromettendo a sorpresa Argentina, Brasile e Polonia, si laureavano Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo (citando il Maestro Nando Martellini). Riguardare (o ricordare) quelle immagini è come prendere in mano una cartolina di un mondo che non c'è più: sulla pagina Instagram del Corriere Adriatico abbiamo deciso di celebrare quel giorno, quella estate, quella fantastica annata. Scriveteci su Instagram o su redazioneweb@corriereadriatico.it

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«Fermi tutti, pausa. C'è Austria-Francia». Non ricordo chi intimò quel break, durante un'esercitazione a casa del professor Gabriele Fava, che dopo averci sopportato per un triennio come insegnante di Matematica e Fisica, ebbe anche il buon cuore di invitarci per un ripasso a domicilio in vista della prova scritta. Ricordo però che la Francia, in quella partita del girone dei quarti, non schierava Le Roi Michel Platini, ma ci pensò il suo sostituto, un tal Genghini, a infilare su calcio di punizione la rete decisiva con un mancino arrotato.

Era il 28 giugno 1982 e la nostra estate Mundial si intrecciava maledettamente con le prove dell'esame di maturità al liceo scientifico di Osimo. Integrali e studio delle funzioni cedevano il passo, con la benevolenza di quel professore che di lì a poco sarebbe diventato sindaco di Jesi, anche a una partita per noi di secondo piano.

Bearzot portato in trionfo, a destra un giovanissimo Bergomi baffuto

La (quasi) notte prima degli esami


Figurarsi quando giocava l'Italia. Appuntamento a casa di Piero, in zona Colosseo a Osimo, con la scusa di studiare insieme. Accanto al tricolore, esposto sul balcone, non mancavo mai di appendere il mio drappo viola, con il Giglio stilizzato. Non riuscivo ancora a metabolizzare la volata scudetto persa all'ultima giornata contro la Juventus e per me la Nazionale era prima Antognoni, poi tutti gli altri. Eravamo lì a mugugnare, per i tre pareggi del girone eliminatorio. Mi ritrovai a esultare, quasi stentavo a crederci, per i gol di calciatori juventini in maglia azzurra. Prima Tardelli e Cabrini, che fecero piangere Maradona, poi i tre di Pablito Rossi, capaci di spegnere la torcida dei brasiliani. Ricordo le scorribande fino al Taunus di Numana, sull'auto di un compagno più grande, in cerca di tedeschi da sfottere in vista della finalissima con la Germania. Lui urlava al finestrino,  mani sul volante e testa di fuori, io stavo con gli occhi sbarrati davanti gridando di frenare ad ogni minaccia di tamponamento.

Foto passata alla storia: Zoff, il barone Causio, Pertini e Bearzot che giocano a carte con la Coppa del Mondo sul tavolino dell'areo

A Filottrano con il gelato di Wally


Quella finale però, la sera di domenica 11 luglio, la vidi a Filottrano, a casa di Sandro, con il gelato di Wally nel freezer. Non c'era in campo Antognoni, infortunato nella semifinale con la Polonia, ma non era l'unico guaio. Un'estrazione sfortunata della lettera alfabetica per gli orali, aveva fissato per il martedì successivo il mio appuntamento con la commissione d'esame. Neanche 36 ore di distanza tra il fischio finale di Italia-Germania 3 a 1  e l'ultimo atto della mia maturità. Così quella notte Mundial mi ritrovai con una bandiera in mano, in sei su una Fiat 500, nella folla in delirio e con lo stato d'animo di un condannato atteso dal patibolo dopodomani. L'alba del giorno dopo, quello che doveva essere del gran ripasso finale, mi sorprese in edicola con la mazzetta di quotidiani. Oltre al Corriere Adriatico, il giornale di famiglia, tutte le testate sportive.

In cattedra? Enzo Bearzot

La lettura delle cronache da Madrid consumò mattina e pomeriggio, con i libri di Storia e Geografia Astronomica (le mie materie all'orale) ridotti a comparse. Mi presentai all'orale molto ferrato sui titoli della Gazzetta dello Sport, da quel "Campioni del Mondo!", gridato a tutta pagina, a "Bearzot come Pozzo". Nonostante il mio colorito carta pergamena, che impressionò persino il bidello Romolo, abituato agli svenimenti di generazioni di liceali, andò tutto bene. Ma per decenni, ho continuato a sognare quelle notti Mundial sovrapposte agli esami. E mi è capitato spesso di svegliarmi tutto sudato, in un incubo ricorrente, che mi vedeva con la penna in mano e il foglio di protocollo bianco, alle prese con improbabili tracce per il tema d'Italiano. Alzo gli occhi, in cattedra c'è il vecio, Enzo Bearzot. Anzi c'era, e adesso ci manca. Come Gaetano Scirea, Pablito e come i nostri sogni di ragazzi.

L'indimenticato Paolo Rossi solleva la Coppa del Mondo diventando per sempre Pablito

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