Cassani l'ottimista: "Giro in autunno da spettacolo, Nibali vuole vincere, Sagan l'attrazione e le tappe al Sud Italia meravigliose"

Cassani l'ottimista: "Giro in autunno da spettacolo, Nibali vuole vincere, Sagan l'attrazione e le tappe al Sud Italia meravigliose"
Cassani l'ottimista: "Giro in autunno da spettacolo, Nibali vuole vincere, Sagan l'attrazione e le tappe al Sud Italia meravigliose"
di Massimo Sarti
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Mercoledì 3 Giugno 2020, 16:56 - Ultimo aggiornamento: 17:35
Il Giro d'Italia 1946 venne vinto dal “Giusto tra le Nazioni” Gino Bartali, davanti al Campionissimo Fausto Coppi. Fu un'impresa organizzarlo, dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. Partì il 15 giugno, con l'Italia appena proclamata Repubblica. «Quello fu l'unico Giro in tutta la storia disputato in estate. E adesso abbiamo tutti una gran voglia del Giro di ottobre», ricorda il ct azzurro Davide Cassani, reduce come tutti noi da un maggio senza Corsa Rosa.

Come sta Cassani?

Bene, grazie. Ma non mi capitava da tantissimi anni di passare un maggio a casa. Il Giro d'Italia è mancato anche a me.

Ad ottobre come sarà, sovrapposizioni di calendario a parte?

Sono ottimista e sono convinto che sarà un gran bel Giro d'Italia, anche perché abbiamo tutti un forte desiderio di viverlo. E ci saranno anche i corridori importanti. Vincenzo Nibali vorrà vincere. Peter Sagan, nonostante la contemporaneità con le Classiche del Nord, sarà alla Corsa Rosa per la prima volta. Si partirà poi dal Sud dove a ottobre il clima è ancora straordinario. E poi negli ultimi anni l'autunno è stato mite, speriamo sia ancora così.

La finestra 3-25 ottobre per il Giro potrebbe essere anticipata se il Mondiale non si facesse in Svizzera a fine settembre e fosse posticipato in Oman o in Qatar a novembre. Incertezze che si riverberano anche sulla sua attività di commissario tecnico...

Tutti i ct sono sulla stessa barca. È purtroppo una stagione eccezionale ed atipica, ci adatteremo. L'importante è che il Mondiale si faccia e che si sappia qualcosa di certo entro giugno. Sarò comunque pronto a schierare una Nazionale di scalatori per il 27 settembre a Martigny, oppure una Nazionale di altro tipo se si corresse altrove.

Iniziamo l'amarcord. Ha raccontato il ciclismo e il Giro “degli altri” per tantissimi anni. Adesso raccontiamo qualche pillola del Giro di Davide Cassani in bicicletta. Cosa ricorda delle due tappe vinte?

La prima fu nel 1991 a Prato. Giancarlo Ferretti, mio ds all'Ariostea, alla partenza aveva detto a tutta la squadra: «Oggi si va in fuga, niente storie». Era una frazione per velocisti, ma la fuga andò in porto e fui bravo a saltare Mantovan prima del traguardo. Gioia immensa, aumentata dal fatto che sul palco con me quel giorno non c'erano solo le solite miss, ma anche il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, a consegnare i riconoscimenti. Nel 1993 a Lumezzane arrivai da solo e vissi emozionato come un bambino l'ultimo chilometro, quando nessuno mi poteva ormai raggiungere.

Si parla ancora del Giro del 1987 delle mille polemiche, della rottura (tenue eufemismo) tra i compagni di squadra Roberto Visentini e Stephen Roche. Lei, in quella Carrera-Vagabond fortissima, c'era. E si trovò in mezzo...

Visentini, vincitore del Giro nel 1986, aveva dominato la cronometro di San Marino ed era in maglia rosa. Roche era secondo e nella tappa con arrivo a Sappada del 6 giugno 1987 lo attaccò. L'ammiraglia ordinò a noi gregari di metterci in testa al gruppo per andarlo a prendere. Non lo fece il belga Schepers, che era amico e compagno di stanza di Roche. «Siamo messi bene», pensai. Noi tiravamo dietro per Visentini, Roche tirava davanti perché noi lo stavamo inseguendo. Tutti della stessa squadra: inimmaginabile. Visentini andò poi in crisi sull'ultima salita e Roche prese la maglia rosa: Visentini voleva farlo cacciare per “tradimento”. Vi lascio immaginare cosa successe quella sera in albergo. Arrivò in elicottero il patron della Carrera Tacchella e ci disse deciso: «A me non importa nulla, ma la squadra deve vincere il Giro». Eravamo fortissimi, rischiammo di perderlo. Ma Roche ce la fece.

Corridore, commentatore, commissario tecnico. Ma anche “divulgatore” al grande pubblico delle strade d'Italia, non solo di quelle di montagna. A partire dalle sue ricognizioni di tappa per la Rai.

Forse, se sono diventato un po' famoso, lo devo proprio a loro. L'idea nacque al giornalista Rai Sandro Fioravanti in vista della presentazione invernale del percorso del Giro 1999. Poi si decise di mandare in onda spezzettate quelle ricognizioni durante la corsa. Quando le registravamo, andavamo in auto e nei tratti significativi inforcavo la bicicletta, pedalavo e raccontavo. Ho imparato via via a fare sempre meglio un qualcosa che non era il mio lavoro. E mi accorgevo di descrivere l'Italia in maniera diversa e particolare.
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