Roma, la rivoluzione di Pinto: rosa competitiva ma con minore spesa

Roma, la rivoluzione di Pinto: rosa competitiva ma con minore spesa
di Stefano Carina
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Martedì 29 Dicembre 2020, 07:30

Lo stand-by che caratterizza il mercato della Roma è dovuto perlopiù all’attesa per lo sbarco di Tiago Pinto. È chiaro che qualche nome, come sempre accade, trapela. Ma questo più per volontà dei diretti interessati (El Shaarawy, ad esempio, che farebbe carte false pur di tornare a Trigoria), per associazioni (l’ultimo in quest’ottica è Facundo Ferreyra: in uscita dal Benfica e già allenato da Fonseca allo Shakhtar) o per dinamiche legate alle leghe di competenza (Mls con Reynolds) che per i volani (agenti e/o intermediari) che negli ultimi anni hanno veicolato affari e trattative. 
UOMO DI ROTTURA 
I Friedkin infatti aspettano Pinto per voltare pagina. Atteso inizialmente per fine anno, il Covid ne ha frenato lo sbarco. Ora a Trigoria si augurano di vederlo il 3 o 4 gennaio, tampone permettendo. La sua è stata una scelta a sorpresa. Non soltanto per i media e i tifosi. Ma anche per la maggior parte degli addetti ai lavori che si rapportano quotidianamente con Trigoria. Procuratori e direttori sportivi che frequentano la serie A, hanno confidato di non aver avuto mai modo di interfacciarsi con il nuovo manager romanista. La quasi totalità lo ha fatto in privato. Altri, leggi Petrachi, in pubblico: «Pinto? Il ds al Benfica era Rui Costa, io parlavo con lui - ha spiegato 10 giorni fa a Sportitalia - Se mi parlate di un ds che non ha neanche il tesserino (e per questo svolgerà il corso a Coverciano, ndc) io non posso dire che lo conosco. Sarà anche il più bravo del mondo ma nel Benfica era Rui Costa ad occuparsi dell’area tecnica. Poi magari la Roma gli farà ricoprire più ruoli». Come al solito tranchant ma mai come stavolta illuminante. Perché il ruolo disegnato dai Friedkin per Pinto è quello di uomo di rottura. Internamente ed esternamente. E per rompere - nella loro ottica - è meglio optare per chi non ha rapporti con l’ambiente nel quale andrà a lavorare.

Il portoghese sarà l’uomo della proprietà, alla quale dovrà riferire direttamente senza passare per quello che tuttora è il factotum del club, il Ceo Fienga, che a breve non si occuperà più della gestione sportiva tornando alle mansioni specifiche dell’amministratore delegato. Una linea diretta volta sia a coinvolgere i Friedkin nel mercato che a mantenere il massimo riserbo. Riservatezza che avvolge tutto l’operato della nuova proprietà, il cui progetto è ambizioso: investire sui giovani, tagliare le commissioni, abbassare il monte-ingaggi e mantenere alta la competitività. Una sorta di Eden sportivo che dovrà però confrontarsi con la realtà. Anche perché per attuare un disegno del genere ci vogliono tempo e pazienza. Due prerogative che in un calcio abituato a fagocitare tutto e tutti sono difficili da far digerire. Soprattutto se poi, l’ultimo successo in città è datato 2008. Di certo, l’arrivo del portoghese regalerà nuovi equilibri ed alleanze sul mercato. Pinto non è un’emanazione di Mendes ma negli anni ha stabilito con il potente procuratore un rapporto diretto. Un legame così solido, costruito nelle tre stagioni di direzione a Lisbona, che verrà mantenuto e trasferito anche a Trigoria, dove la Gestifute - la società di procure sportive controllata dal potentissimo manager - gestisce già Fonseca. Mosse future ma quanto mai attuali. Lo si intuisce da alcune dinamiche legate agli agenti che negli ultimi anni sono stati punti di riferimento costanti per la Roma. Il telefono da settimane non squilla più. A tal punto che uno di questi nell’ultimo periodo si sta avvicinando sempre di più alla Lazio.

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