L'Italia sogna col piccolo Raspadori, il giovane che ricorda Paolo Rossi

L'Italia sogna col piccolo Raspadori, il giovane che ricorda Paolo Rossi
di Alessandro Angeloni
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Giovedì 3 Giugno 2021, 07:30

Ama il Kun Aguero, lo accostano a Totò Di Natale. La convocazione in extremis ricorda quella del ventiduenne Paolo Rossi nel 1978 (mondiale in Argentina), o quella di Totò Schillaci nel 1990 (campionato del mondo in Italia) all’età di ventisette. E ancora: Gianluca Vialli si intrufolò nell’Italia di Bearzot, nel 1986 in Messico, ventidue anni, da riserva ma giocò sempre. Insomma, Giacomo Raspadori, classe 2000, emiliano di Bentivoglio, paesino di cinquemila abitati poco distante da Bologna, come casca, casca bene. Per molti, forte e bravo ragazzo. La sua presenza va bene a tutti. Zero minuti in azzurro e un Europeo da sognare, per un 2000 non è male. Era fuori, non stava nemmeno bene e forse, se l’Under fosse andata avanti, Mancio avrebbe chiamato Politano, lasciando Giacomino al ct Nicolato. Una sliding doors: si chiude l’azzurrino, si spalanca l’azzurro mare. E’ quel famoso treno che passa veloce, sul quale bisogna salire, anche in fretta. Paolo Rossi è sbocciato in quello strano mondiale d’Argentina, Schillaci a Italia ‘90 è stato capocannoniere. La storia si costruisce passo dopo passo, ma a volte basta un filo di vento, per dare lo sprint. Roberto De Zerbi lo ha valorizzato, lanciandolo nel grande calcio, lo vuole più smaliziato, perché quella deve essere l’anima di un attaccante. «Dopo la partita con il Benevento, gli ho detto che una sera saremmo dovuti andare a rubare portafogli, per fargli capire che è un ragazzo bravissimo e certe volte non malizioso. Nel rigore che ha conquistato c’era pure la malizia dell’attaccante esperto e questo mi ha fatto sorridere. A 41 anni io ricordo ancora le frasi dei miei allenatori: un attaccante deve sapere un attimo prima cosa accadrà dopo. Se migliora in questo diventa forte, forte, forte», le parole dell’ex tecnico emiliano, durante il campionato, a commento delle prestazioni del suo Giacomino. «La sua esplosione mi rende orgoglioso, lo sono io e lo è il Sassuolo», sempre l’attuale tecnico dello Shakhtar. Il progetto lì era chiaro: lanciare i talenti e in quella scuola ce ne sono diversi, tra l’altro anche suoi compagni di Nazionale, vedi Berardi e Locatelli. La scuola è in presenza, funziona. E il Sassuolo, prima di oggi, non aveva mai avuto italiani convocati per Europei o Mondiali.
IL PERCORSO
La prima da titolare in serie A, la scorsa estate all’Olimpico contro la Lazio, è marcata da un gol, il primo.

E chi è questo Raspadori? Chiedere anche a Beppe Iachini che, ai tempi del Sassuolo, lo aveva adocchiato e portato ad allenarsi in prima squadra. Poi ci ha pensato, appunto, De Zerbi a seguire la sua crescita, ad accompagnarla, dandogli il colore azzurro e renderlo duttile, ora Giacomo sa giocare in tutti i ruoli d’attacco. E lo vogliono Inter, Napoli e non solo. Del resto, quando entri dalla panchina e ribalti il Milan, capisci che il destino lo puoi scrivere tu stesso. Raspadori entra al posto di Defrel dopo 64 minuti e non si nasconde: in dodici minuti pareggia, poi dopo sette decide che il Milan doveva essere steso. Roba da matti. Mancini è impazzito. Lui, il Ct, come noto, non si è fatto certo problemi, avendo già convocato Zaniolo senza nemmeno una presenza in serie A. Il talento è talento, può non essere scortato dai numeri. Che sono in divenire per uno della sua età. Numeri che danno ragione a Politano, che ci ha rimesso il posto, mentre Bernardeschi l’ha mantenuto, facendo anche arrabbiare - con le sue dichiarazioni anti Pirlo - un po’ tutta la Juve. Raspadori è in. Conta essere in quella lista. Per ora. Con la maglia numero 22. Tutta sua.

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