Il grande bluff è servito. Dopo una giornata di attese, tensioni e un consiglio di Lega convocato d’urgenza che ha sposato la linea dello scoraggiare precedenti (forte il pressing di Cagliari e Parma costrette a giocare in emergenza), Lazio-Torino non si è giocata. O meglio come scritto nel referto dell’arbitro Piccinini: gara non disputata. I granata, come annunciato, sono rimasti in Piemonte bloccati dalla Asl che aveva predisposto la quarantena fino alla mezzanotte di ieri. E allora perché la partita non è stata rinviata? Il regolamento stabilisce che per Covid una e una sola partita possa essere rinviata. E il Torino aveva già utilizzato il jolly visto che venerdì la Lega ha spostato ad altra data la partita contro il Sassuolo. Bonus finiti per i granata e dunque da via Rosellini non potevano far altro che confermare la partita di ieri alle 18,30. E in mancanza di un accordo tra le parti, ecco spiegata la grande “indecisione”.
È DIVERSO DA JUVE-NAPOLI
Ora cosa succede? Partiamo da un presupposto c’è una netta differenza tra quanto successo ieri e quanto accaduto il 4 ottobre scorso.
CORSI E RICORSI
Nessun dolo dunque certificato a priori da parte del Torino, per questo è praticamente impossibile il 3 a 0 a tavolino. Un epilogo, quello del rinvio del giudice sportivo, che avevano ben chiaro anche in casa Lazio. Una scelta che chiaramente non piace ai biancocelesti e il ds lo ha fatto capire: «Potrei dire tante cose, ma le tengo per me. Noi abbiamo rispettato il regolamento e siamo venuti allo stadio. Sappiamo come stanno le cose. Ora aspettiamo, poi chi deve decidere deciderà». Il presidente Lotito è pronto a fare ricorso. A quel punto si andrebbe alla Corte d’Appello federale. Anche se Cairo è pronto a battagliare in qualunque caso contrario: «E’ ovvio che faremmo ogni ricorso possibile. La decisione del Consiglio della Lega si commenta da sola, non prendendo atto della realtà oggettiva. Noi siamo bloccati e non possiamo spostarci, non si difende così il campionato». In ogni caso i biancocelesti possono far ricorso, a quel punto si finirebbe in secondo grado. Insomma tutti contenti e nessuno soddisfatto. Si è mantenuta solo la forma. I limiti del protocollo sono emersi di nuovo: senza il gentlemen agreement tra presidenti fa acqua da tutte le parti. Fa discutere anche il potere in mano alle Asl che con discrezionalità possono fermare o meno una squadra. Al Napoli bastarono Elmas e Zielinski, per il Genoa non furono sufficienti 22 positivi.