Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Dodicesimo Altobelli. Tredicesimo, Bergomi, poi tutti gli altri. Gli eroi di Spagna ‘82. Eroi plasmati da quel signore e ct che portava il nome di Enzo Bearzot. Donnarumma, Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson (Spinazzola, fino ai quarti, poi stop per un maledetto infortunio), Barella, Jorginho, Verratti, Chiesa, Immobile, Insigne. Eroi, questi, non ancora, perché manca l’exploit. Ma belli, questo sì, per quello che hanno fatto fino a ora a Euro 2020 (guadagnando la finale di Wembley) e per come lo hanno fatto, con la classe, con la forza di volontà, col sorriso. Con la tecnica e con il sacrificio. Undici ragazzi belli, ai quali vanno per forza aggiunti personaggi-attori comunque protagonisti come Locatelli, Florenzi, Toloi, Pessina e Belotti. Mancini è la guida, come fu Bearzot. Ma davvero questa Italia ricorda quella di quasi quarant’anni fa? Giochiamo un po’. Ci sono alcune analogie.
L’URLO DI NICOLÒ
La prima, come sostiene Dino Zoff, capitano ultra quarantenne di quella Nazionale, è il gruppo. Forte, compatto, pieno di amici, che ancora oggi, a distanza di quasi quaranta anni, si frequenta e vive la quotidianità attraverso una chat su Whatsapp. Amici prima, amici oggi, e sempre. E quell’amicizia servì per compattare la squadra contro le critiche che la stavano accompagnando, dall’inizio fino alla fine del girone, con i tre pareggi e il rischio di uscire al primo turno. Ma come si fa a non accostare Claudio Gentile a Giorgio Chiellini? Difficile non pensarci. Quella capacità di mordere l’avversario (da Zico a Lukaku), di tenerlo per la maglia, di ringhiare. Ci siamo, la testa va lì mentre guarda qui. Chiellini è nato due anni dopo quel trionfo di Madrid, ma di immagini ne avrà viste, sa di cosa parliamo.