Chiellini ringhia alla Gentile, Chiesa vola come Conti. Se l’analogia con l'Italia del 1982 diventa bellezza

Chiellini ringhia alla Gentile, Chiesa vola come Conti. Se l’analogia con l'Italia del 1982 diventa bellezza
di Alessandro Angeloni
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Giovedì 8 Luglio 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 10:32

Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Dodicesimo Altobelli. Tredicesimo, Bergomi, poi tutti gli altri. Gli eroi di Spagna ‘82. Eroi plasmati da quel signore e ct che portava il nome di Enzo Bearzot. Donnarumma, Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson (Spinazzola, fino ai quarti, poi stop per un maledetto infortunio), Barella, Jorginho, Verratti, Chiesa, Immobile, Insigne. Eroi, questi, non ancora, perché manca l’exploit. Ma belli, questo sì, per quello che hanno fatto fino a ora a Euro 2020 (guadagnando la finale di Wembley) e per come lo hanno fatto, con la classe, con la forza di volontà, col sorriso. Con la tecnica e con il sacrificio. Undici ragazzi belli, ai quali vanno per forza aggiunti personaggi-attori comunque protagonisti come Locatelli, Florenzi, Toloi, Pessina e Belotti. Mancini è la guida, come fu Bearzot. Ma davvero questa Italia ricorda quella di quasi quarant’anni fa? Giochiamo un po’. Ci sono alcune analogie.

 
L’URLO DI NICOLÒ
La prima, come sostiene Dino Zoff, capitano ultra quarantenne di quella Nazionale, è il gruppo. Forte, compatto, pieno di amici, che ancora oggi, a distanza di quasi quaranta anni, si frequenta e vive la quotidianità attraverso una chat su Whatsapp. Amici prima, amici oggi, e sempre. E quell’amicizia servì per compattare la squadra contro le critiche che la stavano accompagnando, dall’inizio fino alla fine del girone, con i tre pareggi e il rischio di uscire al primo turno. Ma come si fa a non accostare Claudio Gentile a Giorgio Chiellini? Difficile non pensarci. Quella capacità di mordere l’avversario (da Zico a Lukaku), di tenerlo per la maglia, di ringhiare. Ci siamo, la testa va lì mentre guarda qui. Chiellini è nato due anni dopo quel trionfo di Madrid, ma di immagini ne avrà viste, sa di cosa parliamo.

Era un calcio diverso, per alcuni ancora in bianco e nero. Federico Chiesa, il padrone della fascia destra, non ha il sinistro di Bruno Conti (Berardi è mancino come Marazico, invece) ma lì domina come faceva Bruno. Indispensabile il numero 16 di Spagna ‘82, indispensabile Fede oggi, che con Berardi sta dividendo quella corsia. Poi, questo già detto: Nicolò Barella-Marco Tardelli. La corsa e la capacità di inserirsi, l’interista è la versione moderna di Marco, manca l’urlo finale, ma aspettiamo, chissà... Un bel terzino, poi, oggi come allora, ce l’aveva l’Italia, ed era Leonardo Spinazzola. Che ora è fuori per quel brutto infortunio di Monaco. Leo destro, Cabrini mancino (così come Emerson), ma il bell’Antonio fu una delle prime versioni di difensore ala, proprio come Spina. C’è un Paolo Rossi? No, non c’è in questa Italia uno che prima di giocare la finale già sta a quota cinque gol come Pablito. Ma c’è un ragazzo che, proprio come Paolo, ha subito parecchie critiche per le ultime due partite non all’altezza dei suoi standard. Ed è Ciro Immobile, che si sbatte a destra e sinistra ma non riesce a fare il suo mestiere, quello di metterla dentro e si sa, è un lavoro che sa svolgere molto bene, basti controllare i suoi numeri nelle ultime stagioni alla Lazio. Ciro ha il peso addosso, aspetta di sbloccarsi e la partita più giusta per farlo sta per arrivare. Segnare lì significherebbe dimenticare, tornare a sorridere e regalare alla Nazionale quella gioia che Rossi regalò quasi quarant’anni fa. Un gol, potrebbe bastarne uno, per guadagnarsi l’eternità. Come quei ragazzi del 1982, che ancora oggi per noi sono degli ero

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