Sergio Cragnotti: «Bravo Lotito, è ambizioso non bada più solo ai conti. È una grande Lazio»

L'ex presidente: «Sarri ha portato una nuova mentalità, ora in società serve un simbolo alla Zoff»

Sergio Cragnotti: «Bravo Lotito, è ambizioso non bada più solo ai conti. È una grande Lazio»
Sergio Cragnotti: «Bravo Lotito, è ambizioso non bada più solo ai conti. È una grande Lazio»
di Alberto Abbate
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Mercoledì 24 Agosto 2022, 21:58 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 09:27

Scusate il ritardo, il passato ritorna e benedice il futuro. Dopo 18 anni, persino l’ex presidente Sergio Cragnotti sembra stupito dal cambiamento di Lotito: «Gli faccio i complimenti, finalmente ha iniziato a pensare in grande e non solo al bilancio. Lo dimostra l’ultimo mercato». Otto colpi, oltre 50 milioni spesi per la Lazio. E una ciliegina sulla torta dietro l’angolo. Nessun fischio per Lotito dalla Nord alla prima uscita all’Olimpico: «Questo è un bene, l’ambiente deve tornare unito», assicura l’indimenticato patron, 82 anni festeggiati lo scorso 9 gennaio, fra i vigneti e gli uliveti di Montepulciano. Una tenuta di novanta ettari in collina dove ormai trascorre il tempo, guardando solo avanti e mai più indietro. 

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Eppure anche lei, da tifoso, aspetta il momento in cui questa Lazio possa tornare a ricucirsi uno scudetto sul petto?

«Certo, ma non lo so. È ancora troppo presto persino per dire che possa puntare alla Champions. È stato cambiato tanto, ma l’intento è giusto». 

È stato investito parecchio, calcolando meno del solito il rischio.

«Sì, per questi tempi e rispetto al passato, vedo un altro indirizzo. Si vede che Lotito ora vuole assolutamente emergere e iniziare a lottare per qualcosa di più ambizioso.

Anche se poi il mercato non dipende solo dall’esborso, ma dal valore che i giocatori esprimono in campo». 

Lì dovrà essere bravo anche Sarri, il primo allenatore di grido dal 2004.

«Il suo ingaggio è stata una bella mossa per portare un’altra mentalità. Anche se Sarri in Italia ancora non ha dimostrato niente. Con la Juve in trionfo da nove anni, è facile centrare lo scudetto. Alla guida di squadre medie emerge davvero il talento. Anche a Napoli alla fine aveva grandi giocatori e non ha vinto, pur andandoci vicino. Con la Lazio deve dimostrare il suo valore e le sua capacità, al secondo anno è in gioco la sua immagine e il suo ruolo». 

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C’è anche un duello capitolino con Mourinho?

«Lo Special One è un personaggio che ha vinto tantissimo e fatte grandi cose ovunque sia andato. Infatti, ho visto l’Olimpico con la Cremonese e sono rimasto impressionato. La gente in piedi, devota più a lui che al suo gioco. Non ricordo uno stadio così pieno da tempo».

Pure a Lazio-Inter ci sarà il pienone sugli spalti?

«Non arriva però la Cremonese, questa è una gara di cartello. Dopo il Covid, è comunque evidente il desiderio dei tifosi di legarsi ai vecchi valori di un club, c’è un enorme senso di partecipazione, è molto intenso. Dopo due anni di grandi sacrifici, la gente è esplosa e quindi il calcio deve saper abbracciare questo nuovo slancio. Sono contento che la Lazio abbia aumentato i suoi abbonati».

A lei è riemersa la voglia di tornare all’Olimpico?

«No, no (ride, ndr). Ormai ho una certa età e devo riposare per conto mio. Claudio Lotito ha preso da tempo il mio posto». 

È andato via Simone Inzaghi, poi Angelo Peruzzi, manca di nuovo un simbolo in questa Lazio?

«Credo di sì. Io avevo Dino Zoff, che rappresentava tutto. Io lo vedevo come figura di riferimento nella Fifa, doveva fare quella carriera lì, diventare un grande dirigente internazionale. Aveva l’immagine e la competenza adatte. Però lui preferiva il campo, mi diceva sempre che aveva bisogno di sentire il terreno di gioco sotto i piedi. Non era ambizioso, lo considero un limite per lui, ma il suo contributo nella Lazio è stato fondamentale. E oggi manca un personaggio del suo calibro».

 

Lotito non ha venduto Milinkovic nemmeno quest’anno. Anni fa giurava di aver rinunciato a 100 milioni perché aveva promesso a Inzaghi di non cederlo.

«Sapete come la penso. Per me è uno sbaglio. Io nel giugno del 1995 avevo ceduto Signori e successe il putiferio. Cedendo grandi giocatori si può fare il salto. Con le plusvalenze, io avevo un vantaggio sia dal punto di vista economico, del bilancio, sia da quello tecnico, per migliorare l’organico. Perché poi i soldi venivano investiti per acquistare altri grandissimi giocatori. Come nel caso di Vieri». 

Già, Bobo Vieri: appena un anno dopo il suo arrivo, fu ceduto all’Inter.

«Moratti mi offrì 90 miliardi, cosa dovevo fare? Alla trattativa partecipò Roberto Mancini (l’attuale ct azzurro visse l’estate ‘99 da dirigente, ndr), che mi diceva di chiederne 100: a me sembravano già tanti 90, mi vergognavo, con l’Inter chiudemmo a quella cifra. Settanta miliardi cash più Simeone, che fu valutato 20. Ma aveva ragione Roberto: Moratti sarebbe tranquillamente arrivato a 100».

Moratti però le impedì di prendere Ronaldo.

«Esatto. Se il Fenomeno non è venuto alla Lazio fu perché i nerazzurri alzarono il prezzo. Comunque sia è difficile ricordare per filo e per segno che cosa è successo veramente. Ci sono tanti aneddoti circa i giocatori che abbiamo comprato. Una volta i colpi si mettevano a segno così».

E ora, cos’è cambiato?

«Ora è cambiato tutto, c’è molta più politica e finanza. Massimo Moratti è riuscito a fare grandi cose, la sua squadra è stata una delle più gloriose della storia, con quel Triplete nel 2010. Ora invece lì e, in tutta Italia, solo le proprietà straniere garantiscono un alto livello. E’ la nuova realtà, dobbiamo farci tutti i conti».

Per questo Simone Inzaghi è andato all’Inter?

«Penso proprio di sì. Ha fatto benissimo alla Lazio prima come giocatore, poi come tecnico, è ambizioso e quest’anno per lui può essere l’anno giusto per vincere il primo tricolore in nerazzurro».

Non poteva aspettare di vincerlo alla Lazio?

«Chissà, un giorno magari tornerà a Roma e ci riuscirà. Lo spero per tutti i tifosi biancocelesti, che mi dimostrano ancora grande affetto. Mi auguro che i sostenitori della Lazio possano tornare a vivere i fasti di una volta al più presto. Se lo meriterebbero. Io a 82 anni sento ancora il boato del 14 maggio...».

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