Belgio-Italia, Nainggolan: «Il mio derby del cuore. Troppi sentimenti, certe sfide meglio guardarle che giocarle»

Belgio-Italia, Nainggolan: «Il mio derby del cuore. Troppi sentimenti, certe sfide meglio guardarle che giocarle»
di Alessandro Angeloni
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Martedì 29 Giugno 2021, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 20:25

Sedici anni in Italia riempiono il cuore. Specie se il cuore è sensibile, come quello di Radja Nainggolan, nato ad Anversa il 4 maggio del 1988 da madre belga e papà indonesiano. L’Italia lo ha adottato nel 2005 quando il procuratore Alessandro Beltrami gli regala l’opportunità di giocare nel Piacenza. Belgio-Italia è un imbuto di sentimenti per il Ninja, pronto a connettersi con Monaco, da Cagliari. «Starò davanti alla tv, con la sciarpa del Belgio, così prendo in giro i miei amici italiani...».
Allora si è schierato?
«Scherzo, è difficile. Come faccio? Sono simpatizzante di entrambe le squadre, faccio il tifo per loro in parallelo. Ma stavolta sono una contro l’altra».
Che darebbe per giocare questa partita?
«Sono sincero: questa non è la mia partita, troppi sentimenti in ballo. Di solito non le gioco mai bene come vorrei. Come quando dovevo affrontare il Cagliari o adesso la Roma. Difficile per uno che si affeziona a certe squadre. Queste gare preferisco guardarle, insomma. Fino a ora ho tifato per l’Italia, per un Paese che mi ha dato tanto, ma certo, il Belgio resta il Belgio».
Le piace l’Italia di Mancini?
«Molto. E’ una bella formazione, gioca bene e sta andando avanti. Sa anche soffrire, come abbiamo notato nella sfida con l’Austria».
Cosa le piace in particolare?
«Chi entra fa la differenza, è un aspetto importante. Pessina, poi Chiesa e Belotti sono stati decisivi negli ottavi. Sembrava fosse la loro ultima partita, quei minuti finali contro l’Austria li hanno giocati con la testa giusta».
La differenza con il Belgio qual è?
«Forse i Diavoli Rossi hanno più individualità, la squadra di Martinez può contare su Lukaku, sugli Hazard. Su De Bruyne. A proposito, sempre che li recuperi. Sarebbe una grave perdita per il Belgio, che per questo sta vivendo molta pressione addosso. Sono giocatori importanti. 
E l’Italia, invece, che squadra è?
«È forte nel collettivo, ma non ha quel fuoriclasse che sposta gli equilibri. Quello che tira fuori il colpo nel momento difficile. Gli azzurri hanno molti calciatori bravi, non hanno un Lukaku. Come squadra è affidabile. Forse anche meglio come gruppo».
Nel 2016 lei c’era, che differenze ci sono oggi rispetto alla partita di cinque anni fa?
«E’ difficile dirlo, quella sera di Lione l’Italia ci è stata superiore. Penso che il Belgio abbia aperto un grande ciclo di calciatori in quel periodo e ora sta arrivando alla resa dei conti. Oggi più o meno la squadra è la stessa, senza alcuni elementi, tipo Fellaini, che non ci sono più. Deve vincere per chiudere il cerchio. O lo fa ora o poi diventa difficile».
Poi è cambiato il ct rispetto al 2016: Martinez meglio di Wilmots? 
«Questo non sta a me dirlo».
Del Belgio che ricordi ha?
«Sono cresciuto lì, ero un bambino. Poi qui sono diventato uomo, da Piacenza a Cagliari, passando per Roma e Milano. Devo molto all’Italia, come uomo e come calciatore. Certo, il Belgio resta il Belgio per me. Prenderò un po’ in giro gli amici, ma alla fine tifo per entrambe: mi auguro che l’Europeo possa vincerlo una di queste squadre. Ne sarei felice». 
Qual è il duello che la affascina di più?
«Senza dubbio Chiellini-Lukaku. Bisogna vedere come sta Giorgio. Se sta bene, è difficile per Romelu. E’ vero pure il contrario. Immagino un duello molto fisico, spettacolare».
È vero che a Lukaku piace mangiare? Come fa a essere sempre così tirato?
«No. E’ un professionista serissimo, magari può sgarrare quando è in vacanza. Ma nei giorni prima delle partite sta attentissimo e non sbaglia mai niente».
Ha sentito Florenzi?
«No, ancora devo farlo.

Ma conoscendolo, Ale, starà col broncio, visto che combatte con un infortunio e so quanto ci tenga a giocare». 

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