Un Brachetti in gonnella?
“Oddio, magari! Lui è un grande “numero uno”.
Allora torniamo alle radici: quanto hanno significato per te le origini circensi?
“Per me il circo è una cosa strana, ancestrale, che mi si muove nello stomaco. È stata la mia scuola più grande, assieme al Luna Park dell'Eur dei miei nonni. Ho visto spettatori di ogni genere, mondi e meraviglie del genere umano, e ho imparato a entrare in contatto col pubblico, da una parte, e dall'altra a cogliere la psicologia delle persone, tic e inflessioni...”.
Poi, hai cambiato strada...
Sospira.
“Quando settecento famiglie sono finite in mezzo alla strada – mi è sempre doloroso ricordare le traversie burocratiche che hanno fatto chiudere il lunapark – ho seguito la mia inclinazione, lo spettacolo. Ho anche fatto danza, classica e contemporanea, come quasi tutte le giovani. Ma non mi andava di finire sempre in prima fila, solo per il fisico... No, dovevo cambiare approccio”.
E l'imitazione ti è venuta naturale?
E tu, cosa ti senti?
“Bella domanda da Marzullo! Forse un'attrice: perché quando imito, interpreto un personaggio. Nonostante le differenze d'età, entro in quel corpo”.
Come ti sei trovata a lavorare con Solari?
“Un colpo di fulmine! Ci siamo incontrati quattro anni fa e abbiamo subito capito che insieme potevamo fare solo... follie! Insomma, qualcosa di bello. E poi, finalmente abbiamo trovato il momento giusto. Lui non può non rapirti, con la sua visionarietà. In questo spettacolo abbiamo messo l'anima, e siccome di questi tempi è difficile trovare un po' d'anima in giro...”.
Eppure alcune tue imitazioni celebri, che ritroviamo in questo spettacolo, ti hanno anche attirato qualche risentimento.
“Mi fanno sorridere. Non me ne curo più di tanto: voglio solo far divertire la gente. E credo che ci sia ancora la libertà di satira. O no?”.
Qualche modello?
“Sono cresciuta ridendo del trio Marchesini, Lopez e Solenghi. E poi, Monica Vitti, Mariangela Melato, Franca Valeri e Bice Valori, Alida Chelli: le donne che hanno fatto grande la commedia all'italiana”.
Ti senti un po' soubrette?
“Esiste ancora, come ai tempi di Raffaella Carrà e Mina? Rappresenta un mondo che non c'è più! La soubrette canta, balla, ha una completezza che... per me sarebbe sicuramente un bel punto d'arrivo”.
Come hai vissuto il Festival?
“Ero molto preoccupata, ma l'ho presa come una sfida. Divertimento ed emozione, soprattutto l'ultima sera, in cui ho interpretato un personaggio che sto ancora studiando: me stessa”.
Due aggettivi per “Performance”?
“Colorato, multiforme, scintillante. È un caleidoscopio, in cui le immagini si specchiano e moltiplicano”.
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