Perugino, il maestro di Raffaello, al centro di una grande mostra a Urbino curata da Vittorio Sgarbi

Un ritratto di Pietro Vannucci detto il Perugino
Un ritratto di Pietro Vannucci detto il Perugino
di Eugenio Gulini
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Venerdì 16 Luglio 2021, 11:58

URBINO - Dopo la mostra “Raffaello e Baldassare Castiglione”, il Palazzo Ducale di Urbino dedica una nuova rassegna di alto profilo a un maestro del Rinascimento italiano, Pietro Vannucci detto il Perugino, con la mostra “Perugino, il maestro di Raffaello”. L’esposizione sarà aperta al pubblico dal 20 luglio fino al 17 ottobre.
«L’esposizione – afferma il curatore Vittorio Sgarbi - celebra la sua arte raffinata, che seppe fondere con straordinaria armonia le migliori prerogative della pittura centro-italiana della seconda metà del XV secolo ed esercitò una grande influenza sul giovane Raffaello». Frutto della collaborazione tra la Galleria Nazionale delle Marche, la Regione e il Comune di Urbino, e organizzata da Civita Mostre e Musei e Maggioli Cultura, la mostra completa le celebrazioni per il quinto centenario della morte di Raffaello e anticipa il quinto centenario della morte di Perugino che si celebrerà nel 2023. «La mostra – aggiunge Sgarbi - affronta, attraverso una ventina di opere, uno dei momenti più alti nella storia dell’arte rinascimentale. Perugino è uno dei maggiori maestri del suo tempo e dopo aver guidato il cantiere della Cappella Sistina, è in assoluto il più quotato. Ma la mostra intende cogliere un momento particolare della sua vicenda artistica, quando è all’apice della carriera ed emerge nella sua stessa bottega il genio precoce di Raffaello».
La rassegna, con prestiti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, dal Museo di Sutri, dal Museo del tesoro della basilica di San Francesco di Assisi, si snoda in un percorso narrativo nelle Sale del Castellare. «La sezione iniziale, dedicata agli artisti che hanno preceduto Perugino – racconta il critico d’arte ferrarese - mette in evidenza la straordinaria unità di linguaggio artistico tra i due “versanti” dell’Appennino umbro e marchigiano, segno di un tempo in cui la montagna non era una barriera ma piuttosto un fattore di unità nell’arte e non solo.

Nella seconda sala espositiva l’opera di Perugino viene evocata attraverso le opere di suoi “colleghi” come Giovanni Santi, Bartolomeo della Gatta, Pinturicchio e Signorelli, questi ultimi in parte anche suoi allievi. La terza sezione presenta il nucleo più importante delle opere di Perugino, realizzate tra il XV e il XVI secolo, prima che Raffaello si trasferisca a Firenze e per Perugino inizi invece una stagione più ripiegata verso il suo territorio. La sala finale è dedicata all’eredità di Perugino e quindi agli artisti che hanno interpretato la sua lezione dando vita ad una maniera che si è diffusa anche oltre i confini umbro marchigiani. Perugino – conclude Sgarbi - ha infatti creato un linguaggio nazionale (anticipando in questo Raffaello e per la prima volta dopo Giotto) da cui deriva una sorta di manierismo peruginesco che determina la sua fortuna italiana».

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