URBINO - Urbino si riprende il suo Barocci, l’ultimo bagliore di una grande stagione, inaugurata dal duca Federico. «Una supernova, imprescindibile “ponte” dal Rinascimento al Barocco», così Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche, definisce il pittore urbinate. Ideatore e curatore, assieme ad Anna Maria Ambrosini Massari, della grande mostra, che sarà dedicata a Federico Barocci nel 2024, evento espositivo clou di Pesaro Capitale della Cultura, il direttore si compiace dei favorevoli auspici per la città ducale.
«Per concedere l’invio a Urbino di un’opera del Barocci, il direttore della National Gallery di Londra, Gabriele Finaldi, ha deciso addirittura di interrompere la moratoria dei prestiti, stabilita per celebrare, nel 2024, il centenario del museo londinese».
I prestiti
I due storici dell’arte, Gallo e Ambrosini, vi lavorano dal 2021. «Con la validità del progetto scientifico, cui collaborano alcuni giovani studiosi, come Luca Baroni e Giovanni Russo, assieme ai massimi esperti internazionali del Barocci, siamo riusciti a convincere al prestito illustri musei italiani e del mondo». Luigi Gallo cita, tra le altre collezioni, la Galleria Borghese. «Vi è esposto il dipinto della Fuga di Enea da Troia, l’unica opera a tema laico del pittore urbinate, collocata nella sala dominata dal gruppo scultoreo dello stesso tema di Gian Lorenzo Bernini. Nella mostra, l’opera di Barocci sarà affiancata dal cartone preparatorio, in prestito dal Louvre».
La carriera
Una lunga carriera di successi fu quella di Federico Barocci, che dalla natia Urbino, su impulso di Francesco Maria II della Rovere si trasferì a Roma, a completare la preparazione. «Una storia che – continua Luigi Gallo - assomiglia a quella di Raffaello. Ma mentre il divin pittore restò nella Capitale, dove morì ed è sepolto, Federico, al culmine della fama, tornò nella sua città, per non staccarsene più». Da Urbino, la cui centralità nel panorama artistico iniziava a declinare, continuò a curare i rapporti con i committenti. «Grazie anche alla tecnica incisoria, di cui sperimentò e portò a eccellenza alcune innovazioni, come l’uso dell’acquaforte, poté divulgare e diffondere la sua arte».
L’erede di Raffaello
A Roma era visto come l’erede naturale di Raffaello, ma il richiamo della sua terra era troppo forte. Vi rientrò anche per curarsi da un malessere, che sospettava fosse la conseguenza di un avvelenamento. «E questo legame è evidente anche negli sfondi di tanti suoi dipinti, dove s’intravvede il Palazzo Ducale. Parlo, tra gli altri, della Visitazione a sant’Elisabetta, dalla Chiesa Nuova romana. Arriverà a Urbino, assieme ad altre pale provenienti dalle chiese della Capitale. E i Musei Vaticani presteranno l’Annunciazione, la Madonna delle ciliegie e la Beata Michelina, dipinta per la chiesa di San Francesco di Pesaro, che anticipa la drammaticità della Santa Teresa del Bernini». Tante di queste opere poteva averle ammirate lo stesso Caravaggio, «che dev’essersi ispirato al naturalismo del Barocci: santi e madonne che assomigliano a popolani, protagonisti umili che poi sarebbero entrati nel cantiere del caravaggismo romano».
I ritratti
La mostra di Urbino si aprirà con una galleria di ritratti.
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