Pietro Castellitto è Totti: «È il mio mito, ho cercato di stupirlo con la mia maschera»

Una scena di "Speravo de morì prima"
Una scena di "Speravo de morì prima"
di Michela Greco
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Lunedì 15 Marzo 2021, 21:08 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 08:12

Re di Roma e, allo stesso tempo, suo prigioniero. Baciato da un dono ma angosciato dal tempo che passa e minaccia di rosicchiargli via tutto, a partire dall'identità. Tra commedia, dramma, epica sportiva, film romantico e addirittura western (in quella sfida lanciata a Spalletti: "Vediamo da che parte sta Roma"), l'attesa serie tv su Francesco TottSperavo de mori' prima, diretta da Luca Ribuoli, è qualcosa di più, e di diverso, dal classico biopic.

Da venerdì in 6 episodi su Sky e Now Tv, la serie – che ruba il titolo a un geniale striscione srotolato all'Olimpico nel giorno dell'addio del campione - si concentra sull'ultimo anno e mezzo della carriera del Pupone aprendo le porte di casa sua e dello spogliatoio. Mostrando i retroscena con la moglie Ilary (Greta Scarano), mamma Fiorella e papà Enzo (Monica Guerritore e Giorgio Colangeli), e il conflitto con il suo ultimo allenatore, Luciano Spalletti (Gianmarco Tognazzi).

A portare sulle spalle la responsabilità di incarnare la leggenda è Pietro Castellitto, perfetto nel dosare determinazione, fragilità e quell'ironia tutta romana.

E capace di sorprendere lo stesso campione giallorosso: "Rivedendomi nella serie ho scoperto cose che non conoscevo del mio carattere", ha detto in un videomessaggio lanciato durante la conferenza stampa, in diretta streaming dallo stadio Olimpico.

Castellitto, come ha affrontato questa sfida gigantesca?

«L'obiettivo di tutti noi era creare una maschera che lo evocasse, anziché imitarlo, e che lo stupisse. Ho cercato la sua essenza».

Vi siete incontrati spesso sul set? Le ha dato consigli?

«Ho passato la maggior parte delle mie domeniche seduto su queste seggiole azzurre ad ammirare le imprese di Totti, ma non lo avevo mai conosciuto di persona fino a questa serie. È venuto un paio di volte sul set, ma il mio vero incontro con lui è stato il primo, a pranzo alla Villetta, un ristorante sull'Aventino. Tutte le domande che gli ho fatto erano calcistiche e lui mi ha risposto con notevolissime doti oratorie. Con lui non ho mai fatto l'attore, ma solo il tifoso della Roma, non mi ha dato consigli perché non glieli ho mai chiesti».

Ha conosciuto anche i suoi amici. Cosa ha scoperto grazie a loro?

«Il cugino Angelo e l'amico storico Giancarlo sono interpretati da Alessandro Bardani e Primo Reggiani, ma nella serie si vedono un po' le loro mogli vere, soprattutto nelle scene della festa. Mi hanno detto: "Totti non ha mai ballato in vita sua. Se c'è la musica al massimo si muove un pochino, ma non balla assolutamente!". Un giorno poi sul set mi hanno confessato che a giudicare dalle foto non pensavano che potessi renderlo bene e che invece avevo colto il suo spirito. Mi ha fatto molto piacere sentirlo dire proprio da loro».

Totti ha visto la serie? Come ha reagito?

«Lui e Ilary ci hanno chiesto di raggiungerli per vederla insieme. Ero seduto dietro di loro, assistevo alle loro reazioni e mi sono sembrati toccati, partecipi, curiosi».

La serie fa pensare che ci vuole proprio una famiglia normale per valorizzare un talento così. Lei cosa ha pensato, anche in rapporto al suo talento e alla sua famiglia?
«Il papà gli diceva spesso, scherzando, che era una pippa. Totti non è stato figlio di gente ossessionata che pretendeva che diventasse il numero uno assoluto, e questo ha consentito al suo talento di maturare in tranquillità e a lui di scontrarsi con le frustrazioni e imparare a gestirle. Anche a casa mia è sempre stato così. E comunque quando andavo in giro facevo di tutto per non far sapere che ero "figlio di"».

Com'è andata la preparazione dal punto di vista fisico?

«Ho incrementato la mia dieta del 300%, nel senso che mangiavo tre volte quello che mangiavo prima, e ho preso 8 chili. Ma la cosa più complicata è stata riuscire a evocare l'essenza di Totti restando nei paletti della narrazione».

Dopo questo personaggio clamoroso e un altro film attesissimo come Freaks Out, come andrà avanti Castellitto attore e regista?

«Ho fatto un film unico come Freaks Out, ho esordito a 27 anni con I predatori e poi, quando pensavo di essere in un periodo di tranquillità, mi sono ritrovato protagonista di una serie su un mito assoluto della mia giovinezza. È una fortuna fare qualcosa pur non essendo sicuro di averne gli strumenti, rende la tua vita sempre imprevedibile, quindi più sopportabile. Ora vorrei concentrarmi sulla scrittura».

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