Corrado d’Elia in “Io, Steve Jobs” al Teatro Lauro Rossi di Macerata: «L’idea è nata proprio nelle Marche»

Corrado d’Elia in “Io, Steve Jobs”
Corrado d’Elia in “Io, Steve Jobs”
di Chiara Morini
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Domenica 23 Gennaio 2022, 09:20

MACERATA - Corrado d’Elia, attore che si dedica allo studio e all’approfondimento delle grandi personalità, sarà sul palco del Lauro Rossi di Macerata, con “Io, Steve Jobs”, martedì 25 gennaio e mercoledì 26, alle ore 21 (info: 0733230735). 
Corrado d’Elia, come sceglie i personaggi a cui dedicarsi?
«Mi piace molto indagare i geni, quindi anche Steve Jobs, ma pure Beethoven ad esempio, e altri del loro livello. Tutti quanti hanno fatto cose positive e negative, come lo stesso Steve Jobs, ma d’altronde erano geni complessi».

 
Tra i tanti geni Steve Jobs le è piaciuto, come mai?
«La prima cosa che salta agli occhi di tutti è che ci ha dato gli strumenti con cui abbiamo fatto dei grandi salti di qualità, nella nostra vita. Lui era un hippy, un vegetariano, una figura se vogliamo a tratti inquietante. Forse lui lo ha davvero cambiato il mondo. In questa ricerca, che porterò a Macerata, così come nelle altre, racconto la storia con le mie cose. Ma se penso al telefono, al tablet, al computer, allo schermo che uso quando sono sul palco, il pensiero va comunque alla creatività di Jobs».


Come si struttura lo spettacolo? 
«Racconterò Steve Jobs attraverso gli occhi dell’amico Wozniak, una grande storia di amicizia la loro. Chiaramente ci sarà un inno alla sua creatività, alla sua vita, fatta di difficoltà a rapportarsi con le persone e alla preferenza che aveva di un rapporto con le macchine». 


Difficile raccontarlo?
«Prima di arrivare a questa piece, ho studiato oltre un anno la sua figura, leggendo testi sia in italiano che in inglese, poi lo spettacolo ha debuttato.

E a metà della tournée posso dire che sta andando molto bene. Lo spettacolo, comunque è nato nelle Marche».


Come mai proprio nella nostra regione? 
«Nella compagnia abbiamo una scenografa marchigiana, Chiara Salvucci. L’idea nasce nei bar di Porto Recanati durante l’estate. Ed è venuto fuori questo intenso viaggio nella creatività californiana degli anni ‘70, quella in cui chiunque si costruiva qualcosa nei garage. Una zona che poi sarebbe diventata la Silicon Valley. E me lo lasci dire, sono contento di aprire la stagione di Macerata proprio con Steve Jobs».


Ama molto le Marche?
«Da quando ho 18 anni è la mia seconda regione. Allora, a 18 anni, feci l’autostop, e arrivai a Marcelli di Numana. Ho casa a Macerata e vivo metà al nord e metà proprio a Macerata».


Lei afferma che la tecnologia è utile al bello. Quanto?
«Dipende dallo scopo della tecnologia, dipende da noi, dipende anche da come la utilizziamo. Sta a noi usarla nel migliore dei modi, dopo averla studiata e compresa però». 


Dopo Steve Jobs, quale personaggio affronterà? 
«Non posso dire nulla, se non che stiamo decidendo. Quello che invece sto facendo è scrivere una storia che nasce in un paese del Genovese, Recco: racconto le storie della popolazione, partendo dal passato e cercando di immaginare un futuro. A marzo, al Litta di Milano, porteremo in scena Mercurio, dove c’è la nostra Chiara Salvucci. Tra i vari lavori che affronterò, vorrei ricordare la prossima estate “Aiace”, per la regia di Maifredi. E il sogno di trattare le lettere di Enzo Tortora alla figlia Silvia». 

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