Stefano Spazzi, dalle origini alla Jannacci al successo negli Usa: «Giovani, credete in voi stessi»

Stefano Spazzi, dalle origini al successo negli Usa: «Giovani, credete in voi stessi»
Stefano Spazzi, dalle origini al successo negli Usa: «Giovani, credete in voi stessi»
di Elisabetta Marsigli
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Mercoledì 31 Maggio 2023, 01:45 - Ultimo aggiornamento: 11:04
È stata una carriera musicale ricca di alti e bassi, ma oggi Stefano Spazzi è più che soddisfatto di quello che ha realizzato e vissuto: durante la sua partecipazione a Musica Giovane, sul palco delle Muse domenica scorsa, il cantautore marchigiano ha raccontato il suo percorso che, grazie alla sua tenacia, gli ha permesso incontri importanti, senza mai abbandonare i suoi sogni. «Ho cominciato immediatamente dopo la metà degli anni 80, a 16 anni», racconta Stefano, «anche se ancora avevo idee confuse sul mio futuro musicale, ma proponendo cose mie, a differenza di molti miei coetanei che si esibivano con le cover più famose. Ed è forse grazie a questo che ebbi il mio primo incontro importante: un provino con la Rca nel 1993».


Il talento creativo


Fu Pierluigi Germini a notarlo, responsabile della promozione della nota casa discografica, che aveva lanciato tanti big. «Mi disse subito che non ero un talento tecnico, ma molto creativo: “ti vedo come Enzo Jannacci”, mi disse. Adoravo Jannacci, ma non era il mio genere: decisi comunque di accettare di scrivere canzoni che non erano nel mio Dna. Ovviamente il rapporto si sfilacciò, ma qualcosa era successo. Partecipai a due edizioni dell’Ancona Festival, che ha visto transitare i giovani Cammariere e Britti; tre edizioni del Festival di Digione; conosco Franco Califano, a cui propongo i miei pezzi, fino a raggiungere il contatto con la Universal Sony di Milano». Sembrava che ci fossero tutti i presupposti per un’esplosione imminente, che invece si trasformò in una implosione: «Non accadde nulla e mi sembrava di essere tornato indietro: da lì sono iniziati 10 anni bui, dove ideavo progetti che forse erano troppo avanti rispetto agli standard dell’epoca, imbarcandomi in progetti improbabili con canzoni “sullo stile di” che non mi davano alcuna soddisfazione, al punto da chiedermi seriamente se dovevo andare avanti».

La fiducia

Ma ecco che succede qualcosa di particolare ed è la sua città a ridargli fiducia: «scrivo Ancona beat, una canzone sui luoghi dell’anima, sull’inaffidabilità del tempo, cose che avevo dentro. Conosco Dario Salvatori al Jamboree festival che mi consiglia di scrivere un libro sulla stagione dei complessi beat della città. Un’idea che mi piace moltissimo e la propongo a Gene Guglielmi». Ed è proprio il pioniere della musica beat italiana che consente a Stefano di rispolverare i suoi sogni: da quell’incontro nascono una serie di esibizioni, dal Beatles Day di Brescia al Summer Festival di Sanremo, fino ad organizzare l’Ancona Beat Festival. Grazie alla collaborazione professionale con Josephine Maietta e il suo programma trasmesso dall’emittente radiofonica Hofstra University di New York, Stefano compone “Le luci di New York” che parla della valorizzazione della cultura italo americana ed inizia il suo rapporto con la Grande Mela. Una canzone che dal 2020 è cantata in tutte le celebrazioni importanti (dal Columbus Day, a quelle dell’ 11 settembre e che gli ha permesso di ricevere, nei giorni scorsi, il Friends of Aiae Certificate. Ora ci sono in programma due grandi progetti che riguardano canzoni da realizzare con testi e partner importanti. Un consiglio ai giovani? «Occorre credere molto in se stessi: sono passati 37 anni, ma non ho mai smesso di rincorrere i miei sogni».
 

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