Salvare i caratteri mobili per la stampa, sistemarli, raccoglierli: lo “Slab” di Elettra Scotucci, 29 anni, originaria di Monterubbiano, e romana di adozione, e del suo compagno Andrea Vendetti di 33 anni, romano doc, non è un museo. È un laboratorio, partito dal nulla, con un torchio comprato e messo in cucina per mancanza di spazio, prima di avere il grande locale di oggi, in via Prenestina, a Tor Tre Teste a Roma.
La passione
Ne hanno tanti di caratteri, grandi e piccoli, di legno, piombo e anche di plastica, li raccolgono, li sistemano e li utilizzano per progetti grafici particolari. Non è una passione fine a sé stessa, loro due sono grafici digitali, ed Elettra ama le cose fatte a mano. «Mi sono sempre piaciute – spiega – e quando abbiamo scoperto la stampa a caratteri mobili non l’abbiamo più lasciata. Andrea aveva fatto una tesi sulle tipografie clandestine che stampavano a caratteri mobili, e noi ci siamo buttati nel settore, scoprendo questa grande passione». Tutto nasce da un annuncio, di un torchio mobile, che loro vedono, acquistano, e poi portano a casa. «C’è un’intera rete di realtà come la nostra – racconta Elettra – tra di noi siamo “solidali”, ci segnaliamo gli annunci relativi alle zone dove operiamo. Ci consideriamo quasi degli “Indiana Jones” dei caratteri mobili, ormai nessuno stampa più con queste tecniche e i caratteri rischiano di fare una brutta fine». Nel migliore dei casi attrezzature e caratteri vengono venduti nei mercatini, ma c’è chi quelli di legno li butta o quelli di piombo li fonde per farne pallini da caccia. «Questo patrimonio – commenta – sia culturale che storico della stampa rischia di scomparire; la nostra è quasi una mission, quella di salvare la tipografia a caratteri mobili».
Le origini
La si può benissimo considerare una vera e propria forma d’arte. I primi caratteri compaiono con Gutenberg: piccoli e in piombo per libri. Poi nel 1800 sono in legno, intagliati a mano. Diventano anche più grandi con l’avvento della stampa pubblicitaria: si realizzano in legno e alcuni dei caratteri hanno delle vere e proprie irregolarità. «Queste – spiega Elettra – aiutano per fare il carattere rovinato che tanto va di moda oggi». Lei e Andrea lavorano ancora con il digitale, ma anche con le attrezzature tipografiche di un tempo, quasi a realizzare una “slow graphics”. Fanno lavori su commissione, poster per lauree, partecipazioni, biglietti da visita “non effimeri”, solo per fare esempi. «Organizziamo – spiega – workshop con tutti, anche open day e molti ci segnalano pure dei materiali; facciamo anche laboratori didattici. Con le università (come la Sapienza o la Rufa), con la scuola Comics, con il liceo artistico, e lavoriamo anche con le scuole di design. Ma ripeto, non abbandoniamo il digitale».
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