Silvio Orlando porta in scena
al Teatro delle Muse "La scuola"

Silvio Orlando porta in scena al Teatro delle Muse "La scuola"
di ​Lucilla Niccolini
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Giovedì 9 Aprile 2015, 12:20 - Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 18:02
ANCONA - Silvio Orlando porta in scena alle Muse "La scuola". Indimenticabile, la scena finale del film “La scuola” di Daniele Luchetti, in cui il prof. Vivaldi, Silvio Orlando, gira per la scuola deserta chiamando l'alunno Cardini che, mosca invisibile, ronza disperatamente contro i vetri per uscire all'aperto. Pochi sanno che questa pellicola di culto nasceva, vent'anni fa esatti, da una pièce: “Sottobanco”, che lo stesso regista Luchetti aveva tratto per il teatro dai testi di Domenico Starnone. Protagonista fin dal debutto, Silvio Orlando ha riportato sul palcoscenico lo spettacolo, che chiude in bellezza, da stasera (9 aprile) ore 20,45 a domenica , ore 16,30, la stagione di prosa del teatro delle Muse di Ancona, con Marina Massironi nel ruolo della professoressa Majello, Vittorio Ciorcalo, Roberto Citran, Roberto Nobile, Antonio Petrocelli e Maria Laura Rondanini.



Operazione-nostalgia?

“Non direi, anzi! A guardare bene, nella scuola regna tuttora una confusione sovrana come nel '92, quando debuttò lo spettacolo teatrale. Tutto come allora... forse persino come negli anni Settanta, quando andavo a scuola io”.



Addirittura?

“Nel senso che sulla scuola si caricano aspettative che la scuola non sa ancora evadere... anche perché alla scuola si chiede molto, ma si dà molto poco. Ci si riempie la bocca con desideri, auspici e progetti, ma la si abbandona a se stessa... anzi, a quei cinquemila professori di buona volontà, e agli studenti, più o meni recalcitranti. Il suo valore resta affidato a incontri meravigliosi, che pure succedono, ma che sono poco pianificabili. Non è stato lo stesso per tutti noi?”.



Il suo ricordo più forte?

“Un professore prete, di quelli che ti fanno innamorare della scuola. Gestiva un cineforum, e noi studenti lo frequentavamo assiduamente. Lì è nato il mio amore per il cinema: ci sono entrato e non ne sono più uscito...”.



Il vero tema della pièce (e del film)?

“Il tema eterno degli ultimi della classe e di cosa ne faremo. Il ruolo fondamentale della scuola dovrebbe essere di ridurre le distanze tra il primo e l'ultimo. Ma questo è sempre meno vero, mi pare...”.



E il povero Cardini resterà prigioniero tra le mura scolastiche...

“Però attenzione: la conclusione dello spettacolo è sviluppata in un'altra maniera, che non intendo rivelare”.



E resta la storia di cuore con la Majello, no?

“Sì, c'è un filo sentimentale con lei, che nello spettacolo teatrale, quando nel ruolo c'era Angela Finocchiaro, era molto sottinteso: ma lì prevaleva una forma di vitalismo comico, selvaggio, molto forte, che vent'anni fa aveva un impatto devastante sul pubblico: rideva tanto da impedire persino la registrazione della recita.... Angela e io, allora, eravamo dei comici. Il consenso fu clamoroso...”.



La ripresa ha dunque subito qualche modifica?

“Sì, questa commedia è più melanconica e sentimentale, con elementi che erano stati all'epoca sacrificati. Abbiamo appunto ripreso il testo per attribuirgli una riflessività diversa”.



Sulla scuola non c'è poi tanto da ridere...

“Intendiamoci, la scuola non è luogo catastrofico in sé, ma vi si preparano le tragedie future: è lì che si fanno i giochi, si crea l'humus della nazione di domani. È giusto quindi che quando se ne tratta emerga un elemento di preoccupazione, di inquietudine: quello che pervade lo spettacolo. Ogni ragazzo perduto, ogni abbandono è un problema della società, oggi trascurato, che si proporrà in seguito...”.



E questi prof...

“... incarnano il senso di vivere in una bolla d'aria, sempre uguali a sé stessi: sono loro i veri perdenti, ripetono gli stessi programmi, le stesse liturgie. E questa sospensione è dannazione. Invecchiano d'immobilismo, e i ragazzi incarnano lo stesso mostro fatto di mille facce giovani... Un Dorian Gray al contrario!”.



Ma Vivaldi e la Majello sono diversi...

“Sono appassionati. Vent'anni fa si aveva la sensazione che fosse quello il futuro, ma sono comunque perdenti, sotto altra forma, come i vecchi arnesi, perché anche loro, i progressisti, oggi sono vissuti come vecchiume...”.



Insomma prevale l'amara riflessione...

“Si ride, sì, ma non è uno spettacolo di evasione, da cui si esce come si era entrati. Un po' destabilizza...”.

E meno male!
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