“Lo schiaccianoci” a Recanati
Sul palco il Balletto di Roma

Una scena del nuovo “Schiaccianoci” proposto dal Balletto di Roma
Una scena del nuovo “Schiaccianoci” proposto dal Balletto di Roma
di Lucilla Niccolini
3 Minuti di Lettura
Giovedì 6 Dicembre 2018, 15:16
RECANATI - Riuscite a immaginare “Lo schiaccianoci”, il celebre balletto su musiche di Ciaikovskij, in una banlieue degradata? Succede nella versione che va in scena al Teatro Persiani di Recanati stasera alle 21. Il coreografo Massimiliano Volpini lo ha creato per il Balletto di Roma, ambientando la vicenda, invece che nella casa alto-borghese di Clara, la protagonista, in un’immaginaria periferia metropolitana. Senzatetto e ribelli senza fortuna, invece che adulti e bambini di una classe privilegiata. 

Volpini, come le è venuta l’idea? 
«Volevo dare una lettura più attuale del balletto. Ma non mi andava di stravolgere la musica, così ho spostato l’ambientazione in un altro luogo. Mi sono chiesto: cosa succederebbe se i bambini protagonisti di questa fiaba vivessero per strada, un po’ come gli scugnizzi di Dickens? Ho ideato un muro che li divide dai ricchi. Il loro sogno è di scavalcarlo, per andare verso un futuro migliore…». 

E la banda dei topi del balletto originale?
«Nella mia versione sono truci vigilantes, incaricati di difendere la città da quelli che vivono al di qua del muro, che loro ritengono teppaglia pericolosa per le classi più agiate».

Tutto molto attuale. I senzatetto, i muri che si erigono ovunque contro i migranti sono storia di oggi. 
«Confesso che mi ha ispirato l’accanimento contro i clandestini, che cercano di avere una vita migliore e sono respinti. Ma questa è una fiaba universale, senza tempo, e anche i ragazzini, che ne sono i protagonisti, non sono tristi, ma gioiosi e colorati. Un po’ come le simpatiche canaglie dei film muti, o dei capolavori italiani del Neorealismo. I bambini, in ogni condizione sociale, hanno una straordinaria capacità di adattamento. E trovano in qualunque cosa motivo di gioco spensierato». 

Un accenno di denuncia sociale?
«Nessuna denuncia, il mio non è un approccio politico. Questo è uno spettacolo di speranza. Il Principe è un ragazzo della banda, che trova un buco nel muro, riesce a fuggire, e torna per aiutare i compagni. Poi, con Clara, decide di andarsene… Se vogliamo, è una visione dedicata a chi parte, senza sapere per dove».

Per le scenografie e per i costumi, sono stati utilizzati materiali di recupero: il vetro, la plastica, il legno, la carta e il cartone. Un messaggio ecologista?
«Tutta l’ambientazione in cui vivono questi ragazzi è un mondo fatto di materiale riciclato, gli scarti dei ricchi. E la stessa “danza degli ospiti” è interpretata da loro che indossano cappotti rubati, o trovati in una discarica. Li fanno sentire grandi e... signori. Con la loro ingenuità, sanno riciclarsi, con la stessa gioia e facilità con cui da bambini giocavamo con un pezzo di carta. Anche le persone possono riciclarsi, provare a cambiare la loro vita e reinventare il loro futuro. Clara ne è un esempio; piena di coraggio, decide di seguire il principe e affrontare un viaggio di cui non conosce la meta». 

Una sua definizione di questa versione dello “Schiaccianoci”? 
«Uno balletto che regala una visione di speranza». 
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