A suo modo ha precorso i tempi, rompendo gli schemi di una tv pubblica abbottonata e rigida. Ha anticipato la rivoluzione dei costumi ammiccando, con eleganza e savoir faire, ad una libertà espressiva che ha trasformato l’eros da tabù a immagine pop in stile Warhol. Raffaella Carrà, morta ieri alle 16,20 all’età di 78 anni dopo una malattia di cui nulla era trapelato, è stata l’icona di un modo di essere non convenzionale, eppure comunemente accettato.
Le ospitate
Nelle Marche “la più amata dagli italiani” ha lanciato le cucine Scavolini ma non ha mai tenuto concerti o spettacoli, se non qualche sporadica ospitata nei club di provincia. Come quella allo Jabì di Marotta più di 30 anni fa, quando ancora ballava in coppia con Enzo Paolo Turchi. Dai night della riviera nostrana hanno preso il volo in tanti: da Celentano a Mina, da Sabani ai Gatti di Vicolo Miracoli. Ma non la Raffaella nazionale, che già negli anni ’60 muoveva i primi passi al cinema. Non fu quella, però, la sua strada. Nel suo percorso artistico c’era la danza ad attenderla per il lancio nella tv nazionale.
L’avant-garde
Era glam, prima del glam. Era pop, prima che il pop diventasse una corrente di stile. Era la regina dei refrain che hanno colorato le notti italiane in un disco samba senza tempo. In una parola, Raffaella era avant-garde. Anche quando tolte le paillettes ha vestito abiti più tradizionali, e al dancefloor ha preferito il salotto di mamma Rai per il varietà di mezzogiorno. Chi non ricorda il famoso “gioco dei fagioli” di Pronto Raffaella? Solo lei poteva riuscire a restare in equilibrio nel nazionalpolare senza mai scadere nel trash. Cosa che oggi farebbe gridare al miracolo. Ma Raffa era avant-garde anche ad inizio carriera, quando sapeva giocare con la musicalità ambigua delle parole.
Il mito
Certe figure, si sa, non se ne vanno mai del tutto. Il mito non muore mai. Anzi, completa la sua ascesi e si cristallizza in un luogo eterno della nostra memoria. Lei che, al di là della malattia che l’aveva colpita, si era già allontanata dagli schermi alimentando ancora di più l’immagine iconografica in cui da sempre era racchiusa. Per poi riaffiorare, neanche a farlo apposta, ogni estate dalle “Teche-teche-te” Rai. E allora il juke box delle immagini ci riporta a quella volta che il piccolo diavolo di Benigni l’ha fatta ruzzolare a terra per farci vedere il suo “ministero”.
La spigliatezza
Oppure ai tanti palchi dei varietà italiani e internazionali, dove Raffaella ha sempre conquistato il pubblico con quella spigliatezza che sembrava misurata anche quando esplodeva nella sua classica risata. Da New York dove nell’86 è stata ospite al David Letterman Show, alla Spagna che proprio un anno fa le ha dedicato addirittura un musical. I produttori speravano in una carrambata, che però non è arrivata mai. E alla fine la sorpresa, la peggiore, ce l’ha fatta lei. Che dolor, Raffaella.
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