PORTO SAN GIORGIO - Monti Sibillini. Una scoperta, per i marchigiani nati sulla costa. Com’è Silvia Ballestra, la scrittrice che, a poco più di vent’anni, si fece conoscere con racconti dalla prosa asciutta e tagliente, minimalista. Ha vissuto l’adolescenza tra Grottammare e San Benedetto, prima di andare all’università, a Bologna. «Per me, i Sibillini sono una scoperta tardiva. Risale a quando i figli erano piccoli. D’estate, quando li portavo a trovare i miei, al mare, salivamo a Montemonaco, per cercare refrigerio. E me ne sono innamorata».
La liturgia della famiglia
Da Milano, dove adesso abita, nel grigio dell’inverno ne vagheggia i panorami. «E ogni anno, le lunghe gite sui Sibillini sono laica liturgia famigliare, consolidata. Scenari di una natura meravigliosa, anche lungo il percorso in auto, attraverso le colline che dalla costa salgono verso l’Appennino». Poi, arrivati a Montemonaco, comincia l’itinerario a piedi, ogni volta diverso. «Per i ragazzi, e per me, sempre nuove scoperte, dal lago di Gerosa, per un picnic sul bordo dell’acqua, al lago di Pilato, con un cammino più impervio. Ma non cerchiamo, anche ora che i miei figli sono giovani uomini, percorsi difficili. Ci piace passeggiare su sentieri attraversati da greggi di pecore, ascoltando i fischi delle gazze. E ogni volta ci capita di incontrare qualche animale selvatico. L’estate scorsa ci siamo imbattuti in un cucciolo tenerissimo di volpe».
Lo zaino in spalla
La ricerca della Sibilla
A cercare la Sibilla anche Silvia è stata soggiogata. Ha così intensificato le visite estive ai piccoli centri dei Sibillini. «Dopo il terremoto, con il cuore gonfio di tristezza nel constatare la distruzione dei borghi. Vado a trovare alcune amiche a Visso, che hanno perso la casa. Non se ne vogliono andare, anche se sanno che niente tornerà com’era prima». La resilienza dei marchigiani, a dispetto delle lungaggini della burocrazia. «Sono semmai sempre di più i loro figli, i giovani, ad andarsene. Non è fuga, ma ricerca di nuove esperienze. A Milano, li riconosci da come parlano, anche in mezzo alla folla».
Quando lei, nel ‘95, si trasferì al nord, le chiedevano se fosse romana, dall’accento, oppure umbra o toscana. «Le Marche non sapevano dove fossero». Se adesso ne sanno qualcosa di più, è per i tragici eventi sismici, ma anche per merito di Silvia, che ha cantato la gente della sua costa: i vecchi e, soprattutto, i giovani marchigiani, suoi coetanei. Persone comuni, e una protagonista come Joyce Lussu, la sua Sibilla.
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