Paolo Rossi con “L’improvvisatore"
al teatro Comunale di P. S. Giorgio

Paolo Rossi
Paolo Rossi
di Agnese Testadiferro
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Sabato 10 Dicembre 2016, 00:30
PORTO SAN GIORGIO  - Il 10 dicembre al teatro comunale di Porto San Giorgio, alle 21, entrerà in scena il comico Paolo Rossi con “L’improvvisatore – da dove nascono i comici” e con lui si alza il sipario sulla stagione di prosa della città. Accattivante e profondo, pungente e non scontato Rossi si presenta al pubblico marchigiano conscio di poter regalare momenti «irripetibili e unici di curiosità». Il pubblico, parola dell’artista, sarà uno dei cardini dello spettacolo. Anche in questo pièce teatrale sul palco ci sarà, come «in tutti i miei spettacoli, la persona, oltre che l’attore e il personaggio». 

Che cos’è “L’improvvisatore”? 
«Un summa del mio lavoro in cui il pubblico sarà una componente importante. Si tratta di uno spettacolo che non è mai uguale a se stesso. Infatti la scaletta verrà fatta poco prima di entrare in scena e potrà subire modifiche durante la performance».

Uno spettacolo che prende una piega diversa ogni volta? 
«Sì! Il concetto di replica è abolito. Influiscono tanti aspetti come il teatro che ci ospita, la città di Porto San Giorgio, gli umori, le cose che possono accadere durante la giornata».

Nella vita è importante saper improvvisare? 
«Aiuta, ma ciò dipende dall’età e dall’esperienza. È chiaro che più esperienza hai e più hai possibilità di uscirne vivo! L’improvvisazione è una spontaneità a cui arrivi allenato, è una disciplina ferrea quasi militare».

Il teatro dovrebbe diventare una disciplina scolastica? 
«Al pari della matematica, della storia e della religione. Serve praticare il teatro per le conseguenze che ha su se stessi, perché scopri cose di te, ti libera e ti diverti».

Quali sono stati i suoi maestri? 
«Ho avuto la gran fortuna di aver inanellato all’inizio una serie di maestri straordinari lavorandoci insieme sul palco e vivendoci in tournèe. Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Carlo Cecchi e Dario Fo, solo per citarne alcuni. Alla lista si vanno ad aggiungere tanti altri non famosi, come quelli che incontri per strada e sono molto più bravi di te ma che, per vari motivi, cambiano, nella vita, direzione».

Quando è stata la sua prima scintilla verso il teatro? 
«Mi reputo nipote d’arte, i miei nonni erano artisti ma i miei genitori no. Nonostante questo è il destino che ha voluto che il primo lavoro che mi offrissero a Milano, per emanciparmi e pagare l’affitto dopo il militare, fosse in un compagnia teatrale… poi il teatro è diventato una passione».

Tv: amore o odio? 
«Nessuno dei due. La televisione è destinata a morire. Nei sette grandi canali – non c’è polemica in quello che dico - ormai non hai autonomia e non puoi fare ciò che vuoi, non c’è neanche dialogo con chi produce e si vedono i risultati».

Politica e satira? 
«È oggi una missione impossibile fare la parodia di una parodia, imitare un’imitazione».

Ama le Marche? 
«Ha il mare più bello, insieme a Trieste e la Puglia». 
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