Il direttore d'orchestra Crescenzi da Porto Recanati alla Sala d’Oro del Musikverein: «Ho conquistato Vienna, è un sogno che si avvera»

David Crescenzi con la moglie nel camerino del Musikverein
David Crescenzi con la moglie nel camerino del Musikverein
di Lucilla Niccolini
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Lunedì 21 Febbraio 2022, 10:47

PORTO RECANATI - Su quel palco, dominato dal fastoso organo dorato, David Crescenzi ha ricevuto scroscianti applausi dal pubblico viennese, uno dei più esigenti. Il Maestro marchigiano, classe 1968, ha debuttato la settimana scorsa, alla testa della Form, nella Sala d’Oro del Musikverein di Vienna, il tempio in cui i Wiener Philharmoniker inaugurano in musica ogni nuovo anno. Chapeau. Una tappa importante della sua carriera.
Che sensazioni? 
«A ripensarci, mi vengono ancora le lacrime agli occhi. Il primo impatto con l’organizzazione, di serietà asburgica, ha rafforzato la nostra concentrazione. Mi sono emozionato, entrando nel camerino, tappezzato delle foto di chi mi aveva preceduto, mostri sacri della direzione. E la sera del concerto, sono rimasto di sasso, a vedere davanti al portone una fila interminabile di spettatori in attesa di entrare». 
Panico?
«No, consapevolezza: quando vedi tante persone in coda per la tua esibizione, ti senti responsabile di quello che riuscirai a offrire loro».
Poi, una volta dentro...
«Salire su quel palco fa un certo effetto. Ti pare di avere tutto il pubblico, vicinissimo, “sulle” spalle. Percepivo la curiosità critica sulla pelle. È stata la formidabile sinfonia dalla “Cenerentola”, il secondo brano, a sciogliere i cuori. E quando Lorenzo Di Bella ha concluso la sua esibizione da solista nell’Andante spianato e nella Grande Polacca di Chopin, dalla reazione entusiasta ho capito che avevamo conquistato il pubblico».
Un crescendo. 
«Al mio ingresso sul podio, dopo l’intervallo, un caldo applauso mi ha dato le ali per la sinfonia di Mendelssohn. Al termine, un’ovazione, con quattro chiamate, mi ha restituito a me stesso: ho cominciato a scherzare con gli spettatori, tra un bis e l’altro. E allora ho ripensato a quando, da bambino, ascoltavo alla radio i concerti da Vienna. Non potevo immaginare che un giorno sarei entrato anch’io, da direttore, in questo luogo mitico».
Sentiva già allora che la musica sarebbe stata la sua vita?
«Avevo 10 anni, quando mia nonna mi iscrisse a un corso di orientamento musicale, tenuto con la banda della mia cittadina, Porto Recanati. Suonavo la tromba, e il direttore Elio Corvatta, troppo presto scomparso, disse ai miei che ero portato per la musica, li invitò a iscrivermi al corso di pianoforte, al Conservatorio di Fermo. Più tardi, di quella banda sarei diventato io stesso direttore». 
Dalla direzione del corpo bandistico di una cittadina marchigiana all’esibizione al Musikverein la strada non sembra breve, né facile.
«Passo dopo passo, come faccio tutto. Da pianista, mi piaceva accompagnare i cantanti, mai solista, con molta umiltà. Non sono certo un enfant prodige: ho cominciato a dirigere a 30 anni. Come dice Muti, per imparare bisogna stare tanto tempo sul legno del palcoscenico. E io sono orgoglioso della mia gavetta: maestro del coro a Genova, a Napoli e a Macerata, ho sostituito direttori “ragazzini”, che all’ultimo momento, per l’ansia, davano forfait. Tante esperienze formative, e diverse, in Italia». 
Poi, il Cairo. Come ci è arrivato?
«Alessio Vlad, che avevo conosciuto a Fermo, nel ‘98 mi chiese di preparare l’orchestra e i cantanti per un “Barbiere” che doveva dirigere all’Opera del Cairo. È stato così che gli egiziani si sono innamorati di me; e io di una di loro, il soprano Rasha Talaat. E l’ho sposata. Poi, nel 2002, mi affidarono una grandiosa produzione di “Aida”, in Quatar, a Doha. L’orchestra era formata dai migliori esecutori della Romania. Il responsabile del teatro di Bucarest cercava un direttore “all’italiana”. Ed è cominciata così quest’altra mia avventura in Romania, che dura tuttora, in qualità di direttore dell’Opera di Cluj-Napoca».
Ora in Romania, fino a maggio. Tornerà presto a dirigere la Form?
«Continua, con loro, un sodalizio di 19 anni.

E una missione: portare i giovani a teatro, ad ascoltare la grande musica».

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