“Se devi dire una bugia dilla grossa” a San Severino. Paola Quattrini: «La gioia di vivere aumenta, come Natalia»

Paola Quattrini (Foto Gianmarco Chieregato/Ufficio Stampa)
Paola Quattrini (Foto Gianmarco Chieregato/Ufficio Stampa)
di Chiara Morini
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Mercoledì 11 Gennaio 2023, 03:25 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 17:17

È di nuovo Natalia in “Se devi dire una bugia dilla grossa”: Paola Quattrini arriva domani sera, 12 gennaio, alle ore 20,45, al teatro Feronia di San Severino Marche, per la stagione del Comune e dell’Amat. La compagnia tornerà nelle Marche mercoledì 25 gennaio, alle ore 21, per rappresentare il medesimo spettacolo al teatro Alaleona di Montegiorgio.
Paola Quattrini, dopo il 1986 e il 2000, torna nei panni di Natalia, come è cambiato il personaggio?
«Non molto per la verità, se non per gli anni. Lei ha un grande entusiasmo, come lo ho io, e con il passare degli anni la gioia di vivere aumenta in me, e quindi anche in Natalia. C’è stato un momento di stanchezza, sa, dopo 700 rappresentazioni tra tutte le edizioni, ci può stare, ma ora sono come a un nuovo giro di boa, mi sento rinfrancata. Quella che portiamo in scena in questa edizione è l’adattamento di Iaia Fiastri, che ha voluto ispirarsi alla versione originale dell’86, nel centenario della nascita del primo regista Garinei». 
Com’è però rifare lo stesso ruolo dopo tanto tempo?
«Lo spettacolo è quello, ma ogni sera c’è sempre qualcosa di diverso. Mi sento dire spesso “come fai a fare la stessa cosa?”. Vede, sul palco non è come nei film, dove si riprende. A teatro succedono sempre tante piccole cose, il pubblico è diverso in ogni teatro, e anche in ogni serata, cambiano le reazioni, e può capitare che scatti sempre la molla nuova. Anche quando si ride, tra noi, quando capitano gli imprevisti sul palco, e se ogni sera si coinvolge il pubblico è tutto sempre bello».
Quindi non è stanca?
«È bello essere in tournée, ma anche faticoso. Soprattutto per questo spettacolo che è faticoso, perché in due ore c’è un’intensa comunicazione, e richiede molta energia. Quindi alla fine ci sta che si sia stanchi, ma alla fine dello spettacolo, quando il pubblico ha riso e si è divertito, quando ti applaude, ti scalda il cuore».
Quanto è importante ridere secondo lei?
«Lo è più che mai. Ma lo è anche volersi bene, e per questo è essenziale ridere, perché è liberatorio, perché fa tirare fuori le emozioni. Vede, io sono stata fortunata a fare l’attrice, credo che tutti dovrebbero provare, perché anche questo è liberatorio, come lo scrivere. Così stiamo bene noi e stanno bene gli altri».
Lei voleva fare la ballerina, ma come è finita a recitare?
«Da piccola tutti mi dicevano che sarei diventata attrice, ma io rispondevo che invece volevo fare la ballerina. Sono nata in un quartiere di Roma, dove c’era un giardinetto e mi hanno raccontato che scendevo nel parco, a 4 anni, e recitavo. Improvvisavo scenette, con i vestiti di mia sorella, avevo fantasia. Ripeto volevo fare la ballerina e invece lo spettacolo ha incalzato ed eccomi qui. Ho recitato sempre, per lavoro mai nella vita, ma ho anche vissuto. La mia carriera? L’ho costruita sassolino dopo sassolino».
Rifarebbe tutto?
«Sì certo, tutto, o meglio alcune cose forse no. Ma non le ricordo, ho la fortuna di dimenticare quelle brutte. Sarà che mi voglio bene, ma le negative le ho rimosse e chi mi ha fatto del male, lo ignoro».
Se dovesse scegliere di fare un remake?
«Con Natalia basta! Ma il personaggio che non ho mai concluso è in “Un tram che si chiama desiderio”, o ne “I ponti di Madison County”».

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