Il direttore Gallo fa da guida ad Urbino: «Vi faccio scoprire palazzo Ducale»

Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche, durante la visita a palazzo Ducale di Urbino
Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche, durante la visita a palazzo Ducale di Urbino
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 13 Maggio 2021, 10:58 - Ultimo aggiornamento: 10:59

URBINO - Il Duca di Urbino del terzo millennio porta gli occhiali, sulla mascherina, e un completo blu chiaro. Luigi Gallo, il direttore della Galleria Nazionale di Urbino, da perfetto padrone di casa ha scelto di guidare personalmente i visitatori, una volta ogni due settimane, a conoscere i segreti di Palazzo Ducale.

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L’anfitrione accoglie i suoi ospiti, appena una decina per le norme di sicurezza, nel cortile d’onore, dove ogni pietra parla di eleganza e armonia.


L’edificio rivelato
Intende rivelarci l’edificio, seguendo la filosofia che ha dettato a Federico questo “palazzo in forma di città”. «Vi condurrò a visitarlo – esordisce con un sorriso pieno di promesse negli occhi chiari – seguendo la stessa logica “verticale” con cui è stato pensato dal committente, e poi affidato, nel 1460, a un architetto, giovane e promettente, Luciano Laurana, che proveniva dalla Dalmazia. E che conosceva bene l’impianto dei palazzi imperiali dell’antica Roma: tra tutti, quello di Diocleziano a Spalato. Non solo sede della corte, ma dell’intero “corpus” della macchina statale: a immagine e somiglianza di un corpo umano». Corpo, cuore e mente di Federico: il palazzo ci si rivela come una costruzione ideale, che rappresenta in qualche modo il suo ideatore. Guidato dal direttore, novello duca, il piccolo drappello scende nei sotterranei, dove si trovano i servizi. «Quaggiù, dove Federico arrivava in groppa al suo cavallo, coperto di polvere per la strada e le battaglie, mi piace tornare ogni tanto: è il suo “corpo”, un posto che sempre mi emoziona. Il duca lasciava il destriero nelle stalle e si rifugiava nel bagno privato». In fondo alle immense sale - a destra le scuderie dalle volte innalzate con sapienza ingegneristica, a sinistra le cucine dai grandi camini – il direttore Gallo ci conduce nell’ambiente delle abluzioni. «L’unico attrezzato, nell’Italia del ‘400, alla maniera dei “balnea” romani, con una vasca, rifornita da acqua corrente calda, e un “tepidarium”, con pareti e pavimento riscaldati».


La cappellina alle Muse
Da qui, per la scaletta a chiocciola, il duca saliva alle due cappelline, quella sacra e quella delle nove Muse. Dove, una volta arrivati anche noi, mentre indica i lacunari decorati a rosette, Luigi Gallo osserva: «Con il cuore purificato da divinità sacre e laiche, poteva così entrare negli ambienti in cui la sua mente ritrovava il suo benessere». Questa scala del Torricino che guarda a ovest sarà riaperta al pubblico solo il prossimo 23 maggio: quindi ora, per noi, il viaggio deve riprendere dal cortile d’onore, dopo aver attraversato la mostra fotografica “Spiriti”, ispirata dall’opera di Giancarlo De Carlo. «Il doppio scalone – racconta il direttore salendo i gradini di marmo, e fermandosi al piano nobile davanti al doppio arco che lo decora – fu preso dal re di Francia Francesco I come modello per quello del palazzo del Louvre».


Le logge
Ormai camminiamo lungo le logge che affacciano dall’alto sul cortile d’onore, attraversiamo le porte dagli architravi decorati di putti e festoni, uno diverso dall’altro, ed entriamo nell’appartamento del duca. La meta è prossima, annunciata dai battenti su cui, a tarsia, sono raffigurati libri e strumenti musicali che sovrastano armi deposte. Il ritratto di Federico, attribuito a Pedro de Berruguete, sembra indicare lo Studiolo, dove il direttore mostra l’immagine di Urbino rappresentata nel legno. «Di fronte, si apriva una delle due porte che danno sulla loggetta d’onore tra i Torricini. Così, da dentro, il duca poteva mirare il panorama di Valbona». Lo stesso che ora si spalanca anche a noi, sotto il cielo ventoso di Urbino, prima che il direttore Gallo, guida d’eccezionale eleganza e passione, si congedi.

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