Nuova luce al Palazzo Ducale di Urbino, riaperte sei sale con tanrti capolavori e dal 14 luglio sarà visitabile l'intero secondo piano della Galleria

Il direttore Luigi Gallo illustra le sale del 500/600
Il direttore Luigi Gallo illustra le sale del ‘500/600
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 7 Aprile 2022, 10:51

URBINO - Nel sole che illumina la piazza del Duca Federico, a Urbino, si stempera l’ansia di chi, arrivando in auto, ha ascoltato la cronaca. L’armonia di questa prospettiva, in attesa della riapertura di sei sale al secondo piano della Galleria Nazionale delle Marche, induce a riflessioni che per qualche momento esorcizzano l’angoscia. Solo bellezza, in questo palazzo, voluto da un signore bellicoso, Federico da Montefeltro, che seppe indicare, nella cultura e nell’arte, una via di resilienza. E ci ha lasciato un’eredità preziosa che, a sei secoli dalla nascita, si onora a Urbino con una serie di eventi.

 
La riapertura
Il primo è questo: la riapertura di altre tre sale, che vanno ad aggiungersi alle tre, dedicate alla pittura marchigiana del Cinquecento e del Seicento, in cui sono state esposte, con altre coeve, le cinque opere giunte dalla Pinacoteca di Brera, nell’ambito del progetto del Ministero della Cultura, denominato “100 opere tornano a casa”. È stato il direttore della Galleria Nazionale delle Marche a fare da cicerone, dopo una breve introduzione, affiancato dai funzionari Valentina Catalucci, Giovanni Russo e Francesco Primari. «Comincia oggi un percorso, che porterà alla riapertura totale del secondo piano, con le sale che furono abbellite durante la signoria dei Della Rovere». Il museo urbinate si amplia, così, offrendo al pubblico scenari che ne potenziano l’offerta espositiva. E la visita, subito dopo, ci dà la conferma della sapienza con cui la nuova direzione è capace di valorizzare questo “palazzo in forma di città”, accendendo di nuova luce gli spazi eccellenti e la collezione.
Il ruolo
«Questa nuova ala della Galleria ne consacra il ruolo nazionale», dice Luigi Gallo. Anzi, a dispetto del suo elegante understatement, ne sigla la valenza internazionale. Di sopra, dov’è finalmente possibile salire anche in ascensore, garantendo a tutti l’accessibilità, la luce del mezzodì accende, da dietro le grandi finestre schermate, il patrimonio dei dipinti del Barocci, del Cantarini, di Gentileschi, Guerrieri, Zuccari e Ridolfi. Poi, in un delizioso ambiente di snodo sono esposti alcuni dipinti monocromi dell’Apparato di nozze, creati, nel 1621, dal Ridolfi e da Girolamo Cialdieri, in occasione del matrimonio di Federico Ubaldo Della Rovere con Claudia de’ Medici, per “parare” la città al passaggio del corteo nuziale. La sala di passaggio prelude alla prima delle tre nuove sale. La prima ospita due grandi disegni di Caracci e del Domenichino: “Il trionfo di Sileno”, un cartone per lo scomparto centrale della volta della Galleria di Palazzo Farnese a Roma, di Annibale Carracci (1598), e il “San Gennaro trascinato al martirio con i compagni Festo e Desiderio”, cartone per la lunetta della cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo di Napoli, del 1633, di Domenico Zampieri detto il Domenichino. “Dialogano”, per eleganza di raffigurazione, con alcuni dei 24 disegni, molti dei quali del Barocci, per lo più inediti, che verranno mostrati a rotazione.
Le sale della maiolica
La penombra, amica di queste delicate opere, si accende, subito dopo, nelle due sale delle maioliche.

Qui, i colori dell’arte ceramica, urbinate e non, a partire dal XIV secolo, brillano nelle teche recuperate e illuminate ex novo, tra capolavori, già in possesso della Galleria, e un ricco repertorio ceduto in comodato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e da privati.

Il 14 luglio è la data fissata per la riapertura dell’intero secondo piano di Palazzo Ducale. Dalla Galleria del Pasquino, dove Claudio Paolinelli e Timothy Wilson hanno allineato le maioliche, ci ha condotto ad ammirarle il direttore Luigi Gallo, ieri, infrangendo l’embargo per stanze ancora in via di recupero: sono sale più piccole, ma ugualmente affascinanti, alcune delle quali dai soffitti affrescati, che conducono all’ingresso di uno dei due Torricini, restaurato, cui sarà aperto l’accesso in quella data. Qui sarà esposta la “Porta Virtutis” di Federico Zuccari, la “scandalosa” opera con cui l’artista replicò il cartone satirico, affisso alla chiesa di San Luca, a Roma, in polemica con il suo committente bolognese Paolo Ghiselli. Non nasconde il suo orgoglio, il direttore, nell’indicare il nuovo sistema di riscaldamento, che permetterà una più confortevole visita alle sale, e insieme la migliore esposizione, e più sicura, delle opere destinate a questi spazi. «Qui troveranno ottimale collocazione l’arte del Sei-Settecento, il paesaggio, la ritrattistica, le opere del pontificato Albani e la Collezione Volponi», preannuncia, quale novello “dux”, prima di invogliare tutti i presenti a scendere a verificare la nuova collocazione della “Città ideale”, nella stanza da letto di Federico. «Dove quella celebre prospettiva è circondata da altre simili, che si rincorrono su di una cassapanca, lì accanto, e in ben cinque porte intarsiate». Tutto “si tiene”, in questo museo dell’armonia, dove gruppi di studenti e di prelati sostano ammutoliti tra la Flagellazione e la Madonna di Senigallia, capolavori di Piero della Francesca. Poi, il 23 luglio, all’inaugurazione della mostra, per celebrare il sesto centenario della nascita del duca Federico, a questi tesori si aggiungerà la magnificenza del segno di Francesco di Giorgio Martini. E dopo il 31, tornerà a casa la “Muta” di Raffaello, attualmente esposta alla National Gallery di Londra, protagonista della sontuosa retrospettiva, progettata per il 2020, che la Gran Bretagna dedica a Raffaello Sanzio.

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