MONTE VIDON CORRADO - È allestita tra il Centro Studi e la Casa Museo di Osvaldo Licini a Monte Vidon Corrado, la mostra “Fausto Paci, l’arte di collezionare: da Licini a Fontana, da Man Ray a Warhol”. L’esposizione, visitabile fino all’8 dicembre, curata da Daniela Simoni, presenta 70 delle opere che Fausto Paci, scomparso nel 2019, ha raccolto nel corso della sua vita dedicata alla passione per l’arte che condivideva con sua moglie Eugenia.
La scelta
Nel corso degli anni la loro casa di Porto San Giorgio si è letteralmente trasformata in un vero e proprio scrigno d’arte, spesso aperto a chi volesse vederlo: testimonianza ne è il registro delle firme raccolte nel corso di più di cinquant’anni. Per scegliere le opere la curatrice Daniela Simoni ha avuto la collaborazione fondamentale di Carlo Paci, figlio del collezionista Fausto, ha scelto le opere cercando di organizzarle per nuclei tematici o stilistici. Licini innanzitutto: Fausto Paci è stato uno degli storici collezionisti dell’artista di Monte Vidon Corrado, ed esposte ci sono cinque tele tra le più significative. Il Pastorello e il ritratto di Ave, che presenta riferimenti autobiografici della gioventù di Licini, e le altre tre tele sono un Personaggio e due Amalassunte.
Paci ha acquisito le opere liciniane all’inizio del suo percorso collezionistico, continuando sempre a promuovere la conoscenza dell’artista.
Un ruolo importante nella formazione della collezione di Fausto Paci l’ha avuto l’amicizia con il pittore monturanese di nascita e romano d’adozione, Sandro Trotti. Di quest’ultimo nella collezione Paci si contano circa cinquanta opere, dalle quali si colgono i tratti salienti del suo percorso artistico, e di cui sono cinque quelle esposte nelle pareti della mostra.
Il respiro internazionale
Non solo Italia, perché tra le opere del collezionista sangiorgese ve ne sono anche di artisti di fama internazionale. Un autentico viaggio tra Mathieu, Tilson, Hartung, Matta, Vasarely oltre ai noti Man Ray e Warhol. Nella sezione ci sono anche alcuni manufatti liberty, tra cui anche una serie di vasi di Emile Gallè. Una cosa di cui Fausto Paci andava fiero e che lo rendeva davvero orgoglioso, era il ruolo di ambasciatore cavelliniano, che ha svolto fino ai suoi ultimi giorni. Paci incontrò Guglielmo Achille Cavellini nel 1978, che lo nominò ambasciatore, e anche Beuys. Le opere esposte dei due sono, testimonianze della passione di Paci per l’arte concettuale.