Corinne Cléry porta in scena “Il diario di Adamo ed Eva”: «Il mio personaggio pieno di vita»

Corinne Cléry porta in scena Il diario di Adamo ed Eva : «Il mio personaggio pieno di vita»
Corinne Cléry porta in scena “Il diario di Adamo ed Eva”: «Il mio personaggio pieno di vita»
di Chiara Morini
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Martedì 10 Gennaio 2023, 05:00

MONTELUPONE - “Il diario di Adamo ed Eva” apre venerdì, 13 gennaio, alle ore 21,15 la stagione del Teatro Nicola Degli Angeli di Montelupone. In scena Francesco Branchetti e Corinne Clery che rappresenteranno la storia di Mark Twain, per la regia dello stesso Branchetti (info 0733224911 o 07332249319). 


Corinne Clery, che storia viene fuori da questo spettacolo?
«Lo definirei uno spettacolo “molto fresco”, dove Twain rappresenta la nascita delle parole che loro, Adamo ed Eva, apprendono giorno dopo giorno. La storia è animata dallo stupore per il giardino dell’Eden, dalla scoperta del primo amore tra di loro, i ragazzi che crescono (i figli, Caino e Abele), e tutto avviene in maniera “quasi” infantile».

 
In che senso infantile?
«Non in senso negativo, ma bello, di scoperta, di apprendimento di cose sconosciute. Mi diverte molto fare questo spettacolo, perché, dicevo, è una storia “fresca”, con tanta ironia, che parla dello stupore della scoperta degli animali, dei nomi che gli si danno, la conoscenza della frutta, dell’amore. Adamo ed Eva potrebbero aver avuto 15 come 40 anni, si scoprono come bimbi, è uno spettacolo gioioso».
Come sono quindi Adamo ed Eva? 
«Adamo è un uomo “tontolone”, almeno così lo rappresenta Francesco Branchetti, Eva invece è una donna piena di vita. Il mondo di allora non cambia nemmeno oggi no?». 
Quindi è uno spettacolo attuale? 
«Sì c’è tanta attualità, Eva capisce, prova a dire quello che ha appreso, ma Adamo non afferra. Eva è allegra, intraprendente, scopre, ma Adamo non la segue. Poi arriva l’amore, nasce il figlio, ma non sa che fare. E questa è un’incognita anche oggi, soprattutto per il primo, e la donna, poi, si occupa di più del figlio, rispetto all’uomo: lo fa Eva e lo fa la donna di oggi che è multitasking».
Eva si fa strada, può essere considerata la prima femminista?
«Innanzitutto devo dire che io non sono mai stata una femminista, ma una donna forte che combatte da sola. Eva è battagliera, e mi piace per questo. Le femministe, soprattutto nel ‘68, erano arrabbiate anche con gli uomini, ma non si deve esserlo. Non si deve battagliare contro l’uomo, ma battagliare per conquistare la parità con le proprie capacità». 
Parlando di lei, quando e come è arrivata in Italia? 
«Era il 1971, ero a Saint Tropez e ho incontrato un ragazzo. Ci siamo innamorati e sono venuta in Italia con lui. Dopo le vacanze a settembre mi ha chiesto di non ripartire, quindi ci siamo sposati e sono rimasta in Italia. L’Italia mi ha dato tanto, quando poi mi sono separata inizialmente ho pensato di tornare in Francia, poi sono andata avanti e indietro da e per l’Italia, ma avevo già un bambino, e questo non poteva durare a lungo. Ho scelto l’Italia ed eccomi qua».
Da Histoire d’O a oggi, una lunga carriera, qual è il ricordo più bello?
«Sa, non ce la faccio a scegliere, ci sono tanti ricordi. Histoire d’O mi ha dato tutto, ho amato molto questo film, e sono rimasta amica del regista fino alla sua scomparsa, l’anno scorso. Era una squadra aperta, quasi una famiglia, è stata una grande porta che si è aperta. Devo dire che prima non pensavo di voler fare il cinema, ma poi non lo volevo fare nemmeno dopo. Agli inizi ho fatto anche degli errori». 
In che senso? 
«Non conoscevo il cinema italiano, ho detti molti no, anche sbagliati, ho detto no persino a Bellocchio.

Non volevo fare nemmeno James Bond, ho tergiversato, dicendo no, per un mese, ma alla fine ho detto sì, come per il film con Celentano. Sarò stata incosciente, forse, ma ho vissuto sempre tutto con serenità».

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