Longhi in “Diamoci del Tu” con la De Laurentiis: «Sul palco nei panni di uno scrittore affermato che, rimasto solo, scopre chi conta davvero»

Gaia De Laurentiis e Pietro Longhi protagonisti di “Diamoci del Tu”
Gaia De Laurentiis e Pietro Longhi protagonisti di “Diamoci del Tu”
di Chiara Morini
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Giovedì 7 Aprile 2022, 10:53

MONTEGRANARO - La storia di uno scrittore affermato e della sua governante, il datore di lavoro che non sa niente di lei, che invece conosce tutto di lui: Pietro Longhi e Gaia De Laurentiis sono protagonisti di “Diamoci del Tu”. Lo spettacolo andrà in scena al teatro La Perla di Montegranaro, domani, venerdì 8 aprile, alle ore 21,15, per la stagione di prosa di Comune e Amat (info 0734893350).

 
Longhi, che storia porterete in scena?
«Secondo me una storia molto bella, che ci sta dando molte soddisfazioni. Uno scrittore affermato, il mio personaggio, è famoso, ha avuto tre mogli e a un certo punto resta solo. In casa da 28 anni vive e lavora una governante, il personaggio di Gaia. Lui la chiama sempre per cognome, ma non sa nulla di lei. Ad un certo punto le cose cambiano, iniziano a parlare, viene fuori sia la sua storia che quella della dipendente: ma non vado oltre niente spoiler sul finale!».
Che personaggi sono i vostri? 
«Lei è un po “tedesca”, quasi burbera, rigida, lo tratta un po’ così, è una donna sulle sue, ligia al dovere e agli orari, e ogni tanto si vede che beve. Lui, scrittore, ha avuto una bella vita, e quando iniziano a parlare lui apre una bottiglia. Lei, quella “rigida”, inizia a mostrarsi meno fredda e da lì scaturiscono situazioni comiche e anche emozionanti». 
Commedia leggera ma densa di significato: quale?
«Con questo spettacolo vogliamo far riflettere sui momenti della vita. Si vive serenamente e a un certo punto capita che ti fermi, ti guardi intorno, e alla fine ti accorgi che accanto hai solo le persone vere, quelle che ti hanno sempre sostenuto. Mi spiego meglio: io a Roma gestisco un teatro da 35 anni, c’è una cassiera, la mia prima assunzione, che può sembrare scorbutica, ma è una di quelle persone vere su cui puoi sempre contare».
Come lo scrittore con la governante? 
«Sì esatto, sono quelle persone che ci sono sempre, e che a volte si notano meno e purtroppo vengono anche sottovalutate».
Quanto è difficile fare teatro nel post pandemia e con un clima di guerra? 
«Difficile? Lo è tanto. Il pubblico ancora deve stare dentro con la mascherina, per via della normativa sugli spazi al chiuso. C’è ancora tanto timore, lo vedo a Roma. Nel mio personalissimo caso abbiamo recuperato circa il 40% del pubblico, con un andamento migliore, nel quotidiano, sulla fascia oraria pomeridiana. La preoccupazione per i costi elevati e la guerra fanno tagliare quello che non serve purtroppo, mentre invece il teatro aiuterebbe, anzi aiuta, in questo periodo di tensioni, problemi, ti fa anche stare insieme».
Longhi e le Marche? 
«Ho un ricordo tanto bello quanto lontano: era il 1987 e a Porto San Giorgio, nella Rocca Tiepolo, portammo “L’imbroglio dei due ritratti”, di Goldoni, con la regia di Corti.

Un luogo particolare, suggestivo per fare teatro. Ma tutte le Marche hanno davvero tanti teatri, molti più del Lazio che, se si toglie Roma, non ce ne sono molti. In passato ho lavorato con Vittoresi e Quattrini. Mentre dalle Marche ricordo Saverio Marconi».

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