Il regista Damiano Giacomelli ha finito le riprese di “Castelrotto”: «Racconto storie della provincia perché sono universali»

Il regista Damiano Giacomelli sul set di Castelrotto
Il regista Damiano Giacomelli sul set di Castelrotto
di Giovanni Guidi Buffarini
3 Minuti di Lettura
Lunedì 12 Settembre 2022, 06:05

Autore di alcuni cortometraggi di pregio e di un gran doc - “Noci sonanti” diretto con Lorenzo Raponi: su una comunità che vicino a Cupramontana vive in armonia con la natura - Damiano Giacomelli ha terminato le riprese del primo lungometraggio di finzione, “Castelrotto”.
Ci anticipi qualcosa del film, Giacomelli.
«Possiamo definirla una commedia nera investigativa. Accade qualcosa che sconvolge la vita di un paesino appenninico. Ottone, ex cronista locale e maestro elementare in pensione, approfitta dell’episodio per riprendere in mano la penna e vendicarsi di un vecchio torto. Per la quasi totalità la storia è ambientata a Torchiaro, una frazione di Ponzano di Fermo. In questi giorni sto lavorando al montaggio, l’arrivo nei cinema dovrebbe avvenire intorno alla metà del prossimo anno. Ci sarà anche un percorso festivaliero».


Leggo nomi importanti nel cast: Colangeli, Ferracane, Denise Tantucci, Attili, Montanini. Come è riuscito a coinvolgerli?
«Non certo grazie ai soldi, il budget è quello che è. Si sono innamorati della sceneggiatura. Quanto alla troupe, è quasi interamente marchigiana. Tutti hanno dato il massimo, una dedizione assoluta, grande entusiasmo. Questo ci ha permesso di superare ogni ostacolo, le difficoltà non sono certo mancate, basti ricordare che la maggior parte delle riprese sono state effettuate a febbraio, in piena ondata Covid».


Nei corti come in “Noci sonanti” come, a quel che dice, nel nuovo film, lei racconta sempre la provincia, realtà marginali. A cosa è dovuta questa predilezione?
«La provincia è il mondo che vivo, che conosco, ed è fondamentale conoscere bene ciò di cui si parla per essere autentici e credibili come mi propongo.

E non è affatto detto, anzi tutt’altro, che una storia ambientata in provincia non possa risultare universale. In “Castelrotto”, per il desiderio di verità di cui le dicevo, si parla un italiano inquinato dal dialetto. Giorgio Colangeli - che è romano e protagonista del film, l’architrave - s’è impegnato moltissimo per imparare il dialetto locale. Ci è riuscito alla perfezione».


Vorrei tornare indietro, a “Noci sonanti”, il suo film che preferisco. È disponibile online?
«Lo si trova, on demand, sulla piattaforma Vimeo. “Noci sonanti” ha avuto una sfortuna bestiale. La distribuzione nelle sale coincise perfettamente con l’esplosione della pandemia. Era invitato a un sacco di festival, e i festival saltarono. Il Covid avrebbe potuto tagliargli le gambe ma così non è stato. Dopo due anni e mezzo, continuano a richiedercelo per proiezioni pubbliche e chi lo vede gli si affeziona e alimenta il passaparola. S’è dimostrato un film longevo e confido possa esserlo ancora a lungo».

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