Orsini con Branciaroli in “Pour un oui pour un non” a Macerata: «È la storia di un’amicizia in bilico»

Orsini con Branciaroli in Pour un oui pour un non a Macerata: «È la storia di un amicizia in bilico con due cinquantenni che si rimproverano antiche ferite» FOTO UFFICIO STAMPA
Orsini con Branciaroli in “Pour un oui pour un non” a Macerata: «È la storia di un’amicizia in bilico con due cinquantenni che si rimproverano antiche ferite» FOTO UFFICIO STAMPA
di Chiara Morini
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Martedì 14 Febbraio 2023, 02:30

MACERATA - Parole “non dette” o con intonazioni ambigue, rischiano di causare malintesi e rovinare definitivamente l’amicizia, anche di due vecchi amici. È questa la storia che vede protagonisti Umberto Orsini e Franco Branciaroli in “Pour un oui pour un non”, scritta da Nathalie Sarraute e diretta da Pier Luigi Pizzi. Lo spettacolo sarà in scena oggi e domani, alle ore 21, al Teatro Lauro Rossi di Macerata.

 
Umberto Orsini, in questa storia, lei e Branciaroli vi ritrovate in scena insieme.
«Lo spettacolo è la storia di un’amicizia in bilico per un’intonazione diversa, che fa diventare baratro una piccola fessura. Per il resto io e Branciaroli ci stimiamo molto, in passato abbiamo fatto l’Otello di Lavia, o prima ancora il Besucher di Ronconi. Quest’ultimo è stato a lungo il nostro faro. Di questo spettacolo abbiamo già fatto 120 repliche prima delle serate di Macerata e quando avremo terminato, a fine aprile, partiremo con “I ragazzi irresistibili”. E non si può fare una commedia insieme se non si è amici».

Qui la regia è del Maestro Pizzi, come è stato lavorare con lui? 
«Per anni è stato direttore artistico a Macerata e in questo spettacolo Pizzi ha portato la sua esperienza e ha guidato. Qui il senso delle parole e il loro significato è importante e danno allo spettacolo un fascino costante. Il pubblico trova tutto quello che di solito non c’è, di spiazzante, ma comunque c’è sempre la sensazione di trovarsi dentro un grande testo».

Difficile la performance?
«Più che altro è difficile spettacolizzare due intellettuali pensanti.

La commedia è stata scritta per due cinquantenni, ma noi lo facciamo alla nostra età, impersonando questi due amici che si rimproverano ferite di 50 anni prima che al presente diventano voragini. Avevo visto questo spettacolo 30 anni fa, poi ho deciso di riprenderlo nel post-pandemia, per dare qualcosa di qualità al pubblico. Per la spettacolarizzazione c’è la tv».

Dove va il teatro oggi?
«Per quanto riguarda me, c’è una certa difficoltà distributiva. Ma i teatri sono sempre pieni, il pubblico c’è ed è tornato, anche se devo dire che gli spettacoli di qualità non sono moltissimi. C’è tanto fermento soprattutto in provincia. A Roma il teatro è fermo, ma come dicevo nelle province c’è invece tanto movimento ed è questo quello che fa grande l’Italia. Il nostro paese è pieno di teatri, la tradizione è quella di una grande cultura. Ma le compagnie di giro come le nostre incontrano difficoltà. Servirebbero più sponsor per la qualità. Per quanto riguarda la mia compagnia in particolare, però, ho tre spettacoli in giro, di un certo livello. Io alla qualità guardo sempre. E chi fa qualità dovrebbe essere aiutato». 

Cosa manca agli attori? 
«In questo mestiere serve perseveranza e anche fortuna. E non accontentarsi di tutto e subito. Una solida carriera si costruisce con sacrifici e un’idea chiara su quello che si vuole dal teatro. Quindi si fa conoscere la storia. Ecco, io concepisco la compagnia teatrale come un editore che dà al teatro cose note e meno note. Ci deve essere una giusta misura tra le cose sconosciute e quelle più note, altrimenti si rischia di ghettizzarsi». 

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