Liliana Cavani, a Pesaro per la Mostra del cinema per l'anteprima del capolavoro restaurato "Al di là del bene e del male"

La regista Liliana Cavani
La regista Liliana Cavani
di Elisabetta Marsigli
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Mercoledì 23 Giugno 2021, 09:42

PESARO - È dedicata a Liliana Cavani la 57a edizione della Mostra internazionale del nuovo cinema, cineasta fondamentale nella storia non solo del nostro cinema, nonché una delle pioniere della regia al femminile, che sarà a Pesaro il 26 giugno per l’anteprima del restauro del suo indimenticabile “Al di là del bene e del male”. 

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Quanto è stato difficile imporsi come regista donna, già negli anni ’60?
«Vinsi un concorso Rai per entrare nelle dirigenze e lo rifiutai perché volevo fare la libera professionista. Quel rifiuto del posto fisso mi ha permesso di essere indipendente. È venuto tutto un po’ di conseguenza sennò avrei forse insegnato Lettere Antiche. Non ho mai pensato di essere stata così particolarmente coraggiosa, forse a quell’età si è più spavaldi».


Hanno definito il suo cinema “terreno” che punta dritto verso il cielo, carnale e celestiale: cosa ne pensa?
(Ride) «La vita è fatta così: ci sono dei momenti in cui bisogna fare i conti con i problemi e altri in cui si riflette sul senso della vita sul passato, sul futuro, sul capire il significato di quello che ci capita, penso sia normale. Forse è vero che sono meno attaccata a quello che conviene fare sul momento. Francesco era lì che aspettava di essere scoperto, vengo da una famiglia laicissima e di quel santo non sapevo nemmeno la data della festività. L’ho incontrato, grazie a Dante, di cui mi fido ciecamente. L’ho affrontato per la Rai, ma mi sono imbattuta in un libro fatto da un protestante svizzero. Un libro del 1896, un romanzo di formazione meraviglioso e l’ho fatto come fosse un documentario, come se Francesco fosse ancora in giro per l’Umbria».


Dai suoi documentari al cinema, come è riuscita ad arrivare così in fondo al sentimento umano?
«Col documentario, ho raccontato quello che veramente sentivo e vedevo e ho subito anche delle censure. “La casa in Italia” (1964) sulla legge del mezzogiorno che doveva aiutare il paese nelle situazioni più povere, dove i soldi finirono invece nelle tasche dei politicanti del momento, fu censurato andò in onda solo mezz’ora…».


A Pesaro due dei film della cosiddetta “trilogia tedesca”, Al di là del bene e del male e Il portiere di notte, film che scioccarono all’epoca: che effetto possono fare oggi, sui giovani?
«Non so quanto la storia cosiddetta moderna venga studiata a scuola. Quando ci andavo io si arrivava a stento fino alla I Guerra e questo è un male, perché poi si fa fatica a farsi capire dai giovani. La II Guerra Mondiale è stata tutta filmata, tutta documentata. Per i miei documentari ho attinto a quei filmati: al negazionista vanno fatte guardare queste pile di cadaveri che non sono comparse. Ma siccome non si fa informazione storica, oggi molti si permettono di negare e quasi tutti i paesi ormai sono pieni di bombe atomiche. La prossima guerra sarà solo atomica e allora addio a tutti noi e al nostro pianeta». 


C’è un’idea, un film che è rimasto nel cassetto?
«Diverse cose, avrei potuto fare più film. Ma ce n’è uno in particolare che vorrei restaurassero e distribuissero, “Dove siete, io sono qui”. Un film sul mondo dei sordi, un mondo da cui avremmo molto da imparare, la cui protagonista vinse la coppa Volpi».


Da appassionata e lucida osservatrice della realtà, cosa l’ha affascinata del libro di Rovelli “L’ordine del tempo”?
«Tutto, perché noi viviamo su questa terra con una incoscienza molto simpatica, ma a volte assurda, di quello che ci circonda. Arriviamo su Marte, ma non ci rendiamo conto di ciò che ci accade intorno».

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