Due rarissime “operine” per la stagione lirica di Jesi, il fil rouge che unisce le due storie sono le donne che si emancipano

Il soprano Angela Nisi
Il soprano Angela Nisi
di Giovanni Filosa
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Venerdì 19 Novembre 2021, 10:20

JESI - Nuovo appuntamento con la stagione lirica del Pergolesi di Jesi, con due “operine”, titoli di rarissima esecuzione, “La scuola di guida” di Nino Rota e “Il segreto di Susanna”, di Ermanno Wolf-Ferrari, sabato 20 novembre alle 20,30 e domenica 21 alle ore 16. Alla presentazione c’erano il direttore generale della Fondazione Pergolesi Spontini Lucia Chiatti, in video messaggio il direttore artistico Cristian Carrara, il direttore Gabriele Bonolis che condurrà Time Machine Ensemble, il regista Alessio Pizzech, i cantanti Solodkyy Vasyl, Angela Nisi, Salvatore Grigoli e Salvo Pappalardo, il direttore tecnico Benito Leonori, le bravissime scenografe Bianca Piacentini e costumista Cristiana Attorrese.

 
Il dittico
Due operine, dicevamo, pochissimo rappresentate insieme. Ne parliamo col regista Alessio Pizzech, classe 1972, uomo di spettacolo a tutto tondo. È direttore artistico del Teatro De Filippo di Cecina e della rassegna “InOpera” del Comune di Rosignano Marittimo, in Toscana. «Certo - ci dice - fare un “dittico” poco praticato sui palcoscenici italiani mi regala una soddisfazione profonda perché mi trovo di fronte ad un linguaggio ironico, grottesco, diverso da quello che ho realizzato prima. Il fil rouge che unisce le due storie è la figura femminile, cioè due donne che si emancipano: una va a scuola guida, l’altra addirittura fuma! Due donne che debbono pensare a se stesse, a scardinare gli archetipi del passato, sovvertendo gli equilibri maschili. Ne nasce uno spettacolo “unico”, un grande punto di vista su questo mondo al femminile, con due lavori scritti in epoche diverse ma sappiamo quanto ancora le donne abbiano da faticare per inserire sé stesse al centro del pensiero collettivo». Dal punto di vista del cantante-attore, è certamente importante sapere come si muovono gli artisti in scena... «La figura del vero regista lirico è abbastanza recente.

I cantanti si trovano talvolta in difficoltà perché non tutti hanno gli “strumenti teatrali” nel loro retroterra e così il regista ancor di più diventa pedagogo, cioè aiuta i cantanti a trovare la strada, come se avesse dei bambini che provano a far teatro. Ma è cambiato anche il pubblico che, anche se ancora va al teatro solo per ascoltare quella “romanza” che ama, non può più fare a meno della regia se vuole vedere qualcosa che lo incuriosisca dal punto di vista della drammatizzazione. Questo vale anche per le nuove generazioni. Quando affronti un repertorio come questo, diciamo meno conosciuto, serve un “insieme” che tenga, e così anche senza le cosiddette grandi arie non rischi che il pubblico non ne comprenda davvero il valore. Questa l’importanza dell’elemento “regia”, fondamentale per far dialogare gli artisti con l’orchestra. Lavoriamo per il pubblico, senza dimenticare che è lui l’interlocutore privilegiato e non dobbiamo mai dare nulla per scontato».


Il lavoro
«Il grande lavoro - aggiunge Pizzech - è disinnescare un meccanismo che tutti conoscono o che pensano di conoscere e la difficoltà estrema è che devi destrutturare tutto dalla testa degli spettatori e ristrutturare secondo la tua visione o interpretazione dell’opera. Se vuoi dare un senso nuovo alla tua regia. In queste opere che presentiamo sabato e domenica non c’è un riferimento teatrale, quasi nessuno sa come sia stato proposto in altre produzioni. Mi sono trovato in un terreno un pochino più vergine, dove la possibilità e la libertà di mettersi in gioco sono più alte. Ed anche più ardue».

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