Ivan Graziani raccontato dai figli in concerto. Filippo: «Ha un prezzo rimanere un artista libero, lui ha scelto di stare con la famiglia»

Ivan Graziani raccontato dai figli in concerto. Filippo: «Ha un prezzo rimanere un artista libero, lui ha scelto di stare con la famiglia»
Ivan Graziani raccontato dai figli in concerto. Filippo: «Ha un prezzo rimanere un artista libero, lui ha scelto di stare con la famiglia»
di Elisabetta Marsigli
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Martedì 28 Marzo 2023, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 11:47

Le canzoni, la musica, il disegno e la scrittura: “Arcipelago Ivan” è il luogo che racchiude tutte le sfaccettature artistiche di Ivan Graziani che convivono in equilibrio proprio come le isole di un arcipelago, in programma questa sera alle 21, all’interno di Playlist, al teatro Sperimentale di Pesaro. Un viaggio per rivivere i grandi successi di casa Graziani, condotto dal figlio Filippo (voce e chitarra), sul palco insieme al fratello Tommy (batteria), Francesco Cardelli (basso e chitarra acustica), Elia Zambardino (pianoforte, tastiere e fisarmonica), con la regia di Gigi Bischi.

 
Filippo, cosa significa avere la musica nel Dna?

«Ovviamente c’è una famigliarità nei confronti dell’espressione artistica musicale, ma in generale non solo all’interno della musica.

La genetica è una cosa strana, di sicuro c’è stato qualcuno, 4 o 5 generazioni fa, che ha iniziato questo processo. Ho sempre avuto fin da piccolo questa predisposizione, ne ho anche le prove, anche se non sono mai stato spronato».

Quindi Ivan non ha mai insistito?

«Mio padre era molto intelligente: sapeva che se mi avesse chiesto di seguirlo, come tutti i ragazzini, probabilmente gli avrei detto di no. È stato bravo invece a coltivare il mio senso musicale, lasciandolo andare da solo. Se il seme c’era sarebbe sbocciato. Mi iscrisse a solfeggio, ma appena gli dissi che non mi piaceva, dopo due lezioni, mi ritirò. Era molto curioso invece di sapere cosa mi piaceva, avevo già dei gusti marcati prima dell’adolescenza e ne parlavamo».

E i due fiori sono sbocciati, tu e Tommy… 
 

«Ci siamo divisi i ruoli in modo naturale: ogni tanto proviamo a chiedergli se vuole cantare, ma niente (ride). Lui è un batterista purista, molto professionale, io ho fatto un percorso diverso, ma quando ricordiamo papà andiamo sempre insieme, l’equipaggio si riforma».

Quanto ha influenzato la sua musica babbo Ivan?

«Non solo lui, ma tutto il mondo che si portava dietro: i suoi ascolti, i suoi amici, i suoi musicisti. Ascolto le canzoni di papà con cui un’affinità elettiva naturale: cose che comprendo intimamente. Ma mio padre era un personaggio che si portava dietro un mondo di persone e situazioni che giravano intorno a lui. Ho imparato tanto di lui anche attraverso i suoi amici e i suoi musicisti, ricostruendo una figura che non ho potuto vivere fino in fondo».

Lei aveva 16 anni quando è scomparso, ma è ancora molto vivo il suo mondo anche grazie a voi… 

«Sì e credo oggi ancora di più di quanto lo fosse allora. Se devo ricavarmi un ruolo, insieme a mio zio, mia madre e mio fratello, il nostro merito è quello di non esserci arresi. A volte ci dicono che non è abbastanza celebrato, ma la verità è che papà non era nazional popolare, non era riconosciuto da quel “grande pubblico” che ora manco esiste più. Non parlava di cose da prima serata della Rai. Ha un prezzo rimanere un artista libero: ha scelto di stare vicino alla sua famiglia a Novafeltria, non di andare a Roma, ad esempio».

Non una canzone, ma cosa hai nel cuore legato a Ivan?

«L’album Maledette malelingue, disco che ho vissuto in pieno: mi mise anche nei crediti come consulente musicale, perché gli ero sempre intorno…».

E cosa c’è nel futuro della carriera di Filippo Graziani?

«È un momento di pausa, transitorio. Continuo a scrivere, ma lo faccio quando ho davvero qualcosa da dire. A breve dovrebbe anche nascere mio figlio: magari un domani ci sarà un Graziani che canta Graziani che canta Graziani, sarebbe bellissimo».

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