Isabella Carloni in scena contro la violenza sulle donne: «Folgorata dal quadro di Artemisia»

Isabella Carloni in scena contro la violenza sulle donne: «Folgorata dal quadro di Artemisia»
Isabella Carloni in scena contro la violenza sulle donne: «Folgorata dal quadro di Artemisia»
di Chiara Morini
3 Minuti di Lettura
Sabato 19 Novembre 2022, 03:20

È sempre rimasta affascinata dalla figura di Artemisia Gentileschi vissuta tra la fine del ‘500 e il ‘600 e per questo Isabella Carloni ha deciso di dedicarle lo spettacolo “Artemisia. Lo sguardo audace. Viaggio attorno alla Cleopatra di Artemisia Gentileschi”. Sarà in scena domani, domenica 20 novembre, alle 17, al teatro Cicconi di Sant’Elpidio a Mare, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne a cura di Comune e Amat.
Isabella Carloni, perché ha scelto proprio questa figura?
«L’amore che ho per questa figura nasce da lontano, un’artista straordinaria, troppo brava. L’ho amata sin dagli anni ‘90 quando, dopo averla vista, ho pensato subito di dedicarle uno spettacolo, che è rimasto chiuso nel cassetto. Poi la scintilla è scoccata quando ho visto la mostra della collezione Cavallini-Sgarbi a Osimo, della quale faceva parte questo quadro particolare su “Cleopatra”, dal quale non riuscivo a staccare gli occhi. Lì ho capito la chiave di lettura che doveva avere questo spettacolo, se l’avessi fatto allora, forse sarebbe stato più sulla narrazione. Averlo fatto adesso, con l’esperienza, mi ha permesso di mettere mano anche agli strumenti di attrice». 
C’è un parallelismo tra l’essere pittrice di Artemisia e la sua modella, e il suo essere autrice e interprete? 
«Mi sono interrogata sul mio modo di fare teatro, e quindi sì, c’è quasi un incrocio tra questi ruoli. Sul palco si vedrà ovviamente il rapporto tra la pittrice e la modella, tra l’autrice e l’attrice, e ci saranno tante altre figure. Lo spettatore forse sarà un po’ disorientato».
Che figura ne emerge?
«L’altra Artemisia, subito emerge l’elemento biografico. Tanti la conoscono per essere stata la prima a denunciare, e quindi a far avviare un processo di stupro che l’ha poi resa famosa. Ci sarà, ovviamente, anche questo particolare, ma mi concentrerò sul modello di donna forte, la prima che è riuscita a vivere del suo lavoro. Gli elementi della sua vita saranno come ponti che emergono dalla sua arte».
Quanto si influenzano pittura e scena, al di là della scenografia?
«Moltissimo, innanzitutto per la luce, l’elemento fondamentale per entrambi, sia per i pittori che per il teatro, dove si arriva a costruire l’atmosfera anche solo con la luce. Poi ci sono i corpi: è vero che nella pittura ci sono, ma il corpo e la forma sono al centro di tutto».
Come coniuga questo sulla scena?
«Come faccio in Artemisia, dove ho un enorme costume, una grande stoffa rossa che diventa tutto a seconda del momento, delle difficoltà. Del resto io sono letteralmente innamorata del periodo di Caravaggio, e per questo l’ho scelto. A variare sono gli stili, dall’ironia al dramma».
In che direzione pensa stia andando l’arte marchigiana?
«Stiamo uscendo da un periodo di chiusura, non solo fisica, ma anche di espressività, un periodo in cui si è parlato di bilanci, di rilanci, dove ci sono state anche difficoltà economiche, ma non è stato compreso il ruolo dell’arte nella formazione della cultura. Parlo qui a livello nazionale, in tutta Italia, e anche nelle Marche, dove si parla di cultura, ma non ci sono vere condizioni di lavoro, e se mancano quelle… Vede non è possibile che alla prima emergenza si tolgano fondi alla cultura».
Cosa manca quindi?
«Anche una vera coscienza di pubblico: non si può voler vedere solo quello che si vede in tv, altrimenti perché andare a teatro? Il teatro sta diventando difficile, anche per vivere di questo lavoro.

E sulle Marche dico che dovrebbero “sprovincializzarsi”: ci sono tante cose belle, vero, che arrivano da fuori, ma i marchigiani, se escono, poi non tornano». 

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