Panariello ci racconta la sua favola prima del tour nelle Marche

Giorgio Panariello
Giorgio Panariello
di Stefano Fabrizi
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Sabato 29 Febbraio 2020, 03:30
ANCONA - Giorgio Panariello torna a calcare i palcoscenici d’Italia con uno spettacolo che ha il sapore dell’anniversario. “La favola mia” avrà la sua data zero il 13 e 14 marzo alla Città del Teatro di Cascina, per poi iniziare dal Teatro Massimo di Pescara il 16 marzo e arrivare il 18 marzo al Teatro Rossini di Civitanova Marche. Altra tappa marchigiana prevista per ora è quella del 2 maggio al Teatro La Fenice di Senigallia.

Il “Tour” con Pieraccioni, Conti e Pieraccioni. Un bilancio.
«È stata un’esperienza esaltante che ha trovato il suo coronamento dopo 80 tappe teatrali nella prima serata su Rai1 del 14 febbraio che ha visto uno share del 25%». 

 

La ricetta di questo successo?
«Sicuramente il fatto che siamo stati noi stessi: nella amicizia che coltiviamo da quando ci siamo conosciuti, nel rispetto nelle proprie personalità e dei ruoli che ci siamo ricavati nella vita professionale. Un canovaccio, una traccia dello show, ma anche tanta improvvisazione. Le nostre risate sul palco erano sempre sincere. E il pubblico è stato al gioco. Ha capito. E ci ha premiato». 

Dei personaggi classici a quale è più affezionato, oltre a Renato Zero?
«Mario il bagnino. Non è tra i primi come Merigo o Lello Splendor, ma è quello al quale sono più affezionato. Nasce dai miei ricordi di bambino, quando andavo al mare e c’era questa persona che era un mito per tutti quelli che frequentavano la spiaggia per quanto era “cialtrone”, nel senso che le raccontava grosse. E ripensare a “Mario” è un tuffarsi in un passato che per me è ancora molto vivo». 

E tra i personaggi nuovi quello che riscuote più simpatie? 
«Sicuramente Silvano, quello che al bar pontifica su tutto. Ma piacciono anche il Vaia e il babbo di Greta Thunberg che deve soccombere alle richieste di una figlia ecologista di ferro». 

Cinema, cosa rifarebbe e cosa no?
«“Uno per tutti” di Calopresti dove ho affrontato una parte drammatica e “Ti amo in tutte le lingue del mondo” di Pieraccioni dove mi sono anche divertito sul set. Cosa non rifarei? Difficile dirlo. Forse “Al momento giusto”, dove ho curato anche la regia. Se potessi avere la moviola e ritornare indietro lo rifarei ma in modo molto diverso. Comunque quelo film ha avuto il merito di lanciare un’attrice bravissima, Kasia Smutniak». 
Qualsiasi cosa faccia, non possono mancare le Marche, dove viene anche in vacanza. È amore?
«Sì, lo confesso, le Marche sono la mia seconda patria, anche perché sono state il trampolino di lancio verso il grande successo. Era il 2000 quando sono sbarcato in prima serata su Rai1 con “Torno sabato”, uno show nato a Portonovo grazie al sodalizio che si era creato con Giampiero Solari che poi mi ha portato a debuttare al Teatro delle Muse di Ancona con “Il borghese gentiluomo”: era il 2003. Inoltre, ho tanti amici. Con alcuni mi sento quasi giornalmente. Tant’è che a volte mi capita di essere in giro per l’Italia e di individuare il marchigiano dall’inflessione dialettale. Non vedo l’ora di ritornare».

“La favola mia”, cosa vedremo?
«È un modo per festeggiare i miei 60 anni e anche i miei 20 di carriera dal successo di “Torno Sabato”. Con Gabriele Pignotta, abbiamo raccolto tantissimo materiale, che abbiamo dovuto scremare, ahimè, per rimanere in un’ora e 45 minuti di show. Un concetrato che però non tralascia niente. Sarà un diario di bordo in cui racconto come sono nati alcuni dei personaggi più conosciuti. Un dietro le quinte pieno di aneddoti in cui farò scoprire sia l’artista che l’uomo. E non mancherà la contaminazione con il pubblico. Insomma ci sarà da divertirsi». 

Lei è anche impegnato nel sociale. E nei suoi spettacoli c’è sempre un momento di riflessione. In questo?
«Riprenderò il personaggio di Raperino, l’anziano che, tra ironia e malinconia, metterà in luce le angosce delle persone della terza età. Un problema sempre più sentito in Italia: da una parte è un bene perché si vive di più, dall’altra occorre un occhio di riguarda verso i “vecchietti”».

Coronavirus, preoccupato?
«Non mi spaventa tanto la malattia. Sono le conseguenze, specialmente economiche che rischiano di mettere in ginocchio la nostra Italia. Speriamo che tutto si possa concludere quanto prima».

 
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