Giorgio Montanini al Teatro Sperimentale di Ancona con lo spettacolo "Undiceximo": «Ho la bandiera della pace»

Giorgio Montanini
Giorgio Montanini
di Andrea Maccarone
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Venerdì 25 Marzo 2022, 15:24

Lo tsunami Giorgio Montanini è di nuovo pronto a travolgere le platee d’Italia. Giovedì 31 marzo il Re della stand up comedy sarà di scena sul palco del Teatro Sperimentale (ore 20,45, prevendite Vivaticket) con il nuovo spettacolo “Undiceximo”, in realtà una prosecuzione del monologo precedente dove il focus era la pandemia. Infatti il titolo dello show è lo stesso. Ma il tema, stavolta, sarà inevitabilmente la guerra.


Montanini, dal covid alla guerra qual è il fil rouge?
«La coerenza di chi prima era un talebano dei vaccini e adesso sventola la bandiera dell’Ucraina».


Lei era parecchio critico sulle posizioni dei pro-vax e pro-green pass. Quindi cosa dovremmo aspettarci sul tema della guerra?
«Io ho la bandiera della pace. Questa non è la Russia che piace a me. So rendermi conto quando un Paese è aggressore. Infatti Putin l’hanno voluto loro».


Loro chi?
«Gli stessi che ballavano mentre buttavano giù la statua di Lenin dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Questo è il risultato della Russia liberata e di Putin il democratico. Però adesso è per tutti un dittatore. In realtà è lo stesso di prima. Io, infatti, lo detesto dal 2000».


Dunque uno spettacolo dai forti connotati politici?
«Certamente. Nel monologo precedente ricadeva ugualmente l’ombra del tema politico, ma il focus era il virus: un qualcosa di intangibile che non si sa bene ancora oggi cosa sia. Mentre la guerra fredda ce la ricordiamo tutti. Sappiamo cosa voglia dire fare parte della Nato».


Ha avuto modo di testare sul pubblico questo spettacolo?
«Stavo per farlo, ma poi mi sono ammalato di covid. Quindi il tour sta per cominciare e Ancona sarà la quinta data».


E che cosa si aspetta?
«Onestamente non lo so.

Due anni fa avrei saputo distinguere chi era dalla mia parte e chi no. Adesso non saprei. È cambiato il modo di prendere posizione sui temi cruciali».


In che senso?
«Molte persone con cui ero convinto di condividere certe posizioni, si sono trasformate. Hanno gettato la maschera. L’unico vantaggio per me è che adesso so chi ho di fronte».


E che sembianze ha l’essere umano che emerge dal suo monologo?
«È un essere umano ipocrita e indottrinato, servo del potere. Fa tenerezza, se non addirittura compassione».


Se prima è stato etichettato come no-vax, adesso teme altre etichette?
«Se avessi temuto il giudizio delle persone avrei fatto un altro mestiere. Io dico quello che penso fino alla morte, mentre tutti gli altri comici sono filogovernativi».


Una critica anche alla nuova generazione di stand up comedian?
«Ma non ci sono più gli stand up comedian. I nuovi sono solo dei cabarettisti. Sono servi del pensiero comune. Vanno sul palco già con il 90% dei consensi».


In pratica lei si è immolato sull’altare della coerenza?
«Prendendo posizione sul covid, ad esempio, ci ho rimesso in termini di consenso, di amicizie e anche in termini professionali. In molti casi non mi chiamavano più a fare spettacoli. E ho ricevuto anche vari insulti».


Si sente solo nelle sue posizioni?
«Come artista sì, solo come un cane. In qualità di essere umano, quasi».


Montanini e il cinema: che rapporto c’è?
«Un rapporto bellissimo. Dopo i predatori di Pietro Castellitto ho partecipato ad altri tre film che ancora devono uscire nelle sale. In uno sono co-protagonista insieme a Fabrizio Bentivoglio e Antonio Albanese. La regia è di Riccardo Milani e si intitola “Buon viaggio ragazzi”».

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