Germano porta “Paradiso XXXIII” a Fermo e a Senigallia: «Sarò il tramite tra il divino e il pubblico»

L'attore Elio Germano
L'attore Elio Germano
di Chiara Morini
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Domenica 13 Febbraio 2022, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 19:30

FERMO - Non un semplice concerto o evento di teatro, perché “Paradiso XXXIII”, basato sull’ultimo canto della Divina Commedia, di e con Elio Germano e Teho Teardo, rispettivamente voce e musica, sarà molto di più. Martedì 15 e mercoledì 16 al Teatro dell’Aquila di Fermo (info 0734284295), e giovedì 17 febbraio alla Fenice di Senigallia (ore 21, info 0712072439) andrà in scena «una performance attoriale con la commistione di altre tecniche», per dirla con le parole di uno dei registi, Simone Ferrari.

 
Germano, perché divulgare a teatro un canto della Divina Commedia?
«Si vuole restituire vita a qualcosa che spesso si avverte come vecchio, o antico. E questo vale anche per l’ultimo canto della Divina Commedia».


Come nasce lo spettacolo?
«Mi hanno chiamato a leggere il XXXIII canto davanti al Presidente della Repubblica, e quindi è arrivato questo progetto con l’intento di essere divulgativi, di restituire qualcosa al pubblico. Abbiamo cercato di non fare tanto una spiegazione, ma un vero e proprio “spiegamento”. Intendo qui nel significato letterale del termine: abbiamo voluto eliminare le pieghe del canto, rimanendo però fedeli al testo. Le parole sono quelle originali, ma con una certa dilatazione resa anche con l’ausilio delle musiche e delle luci che hanno aiutato a compiere un viaggio». 


Che tipo di viaggio?
«Un viaggio “facilitato”, attraverso non solo l’uso delle parole, ma con la collaborazione di altre tecniche.

Ecco dunque il coinvolgimento di Teho, e il percorso letterario/musicale che ne è conseguito».


La struttura della rappresentazione? 
«Questo spettacolo su Dante non sarà una banale lettura, ma una messa in scena, con questo termine che evoca anche la messa cattolica. Io sarò quasi un tramite tra il divino e il pubblico, proprio come faceva Dante nel viaggio. Durante questo viaggio ci sono dei simboli che riconducono alla figura del Sommo Poeta come pastore, quasi un medium tra la visione della divinità che ha avuto, e che ha raccontato nel canto XXXIII del Paradiso, e il pubblico. E tutti gli altri strumenti di cui parlavo, luci e musica in primis, ci aiuteranno a rendere l’idea di una realtà, incomunicabile, ma che è espressione della perfezione di tutte le cose». 


Sarà un viaggio emozionante? 
«Come dice il nostro regista, vogliamo che sia vissuto, che “narri l’inenarrabile, e che alla fine il pubblico dica che non riesce a descrivere quello che ha visto”. Del resto a teatro è importante vedere qualcosa di magico, che restituisca al pubblico uno spettacolo immersivo e che gli faccia fare un’esperienza sulla lettura dantesca. Qui con Dante viviamo quello che ha vissuto lui, con le difficoltà che ha affrontato». 


Cosa intende dire quando afferma che non sarà una semplice lettura, ma una messa in scena? 
«Qua non si tratta di fare una semplice declamazione. L’attore facilita la comprensione al pubblico, altrimenti è un semplice ascolto della sua voce».

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